venerdì 30 marzo 2012

in DvD - Immortals (mitologia, azione, di T.Singh, 2011)






TRAMA :

Il brutale e sanguinario Re Iperione e il suo feroce esercito stanno devastando la Grecia, demolendo tutto quello che trovano sul loro cammino con spietata efficienza. I villaggi continuano a cadere di fronte alle legioni di Iperione e ogni vittoria lo porta un passo più avanti verso il suo obiettivo: risvegliare il potere dei Titani per
conquistare gli dei dell'Olimpo e tutta l'umanità. Sembra che nulla sia in grado di fermare il malvagio re dal diventare il padrone indiscusso del mondo, fino a quando un semplice uomo di nome Teseo giura di vendicare la morte della madre, avvenuta durante uno degli attacchi di Iperione. Quando Teseo incontra l'Oracolo della Sibilla, Fedra, le sue inquietanti visioni sul futuro del giovane la convincono che lui avrà un ruolo fondamentale per fermare questa distruzione.

VALUTAZIONE : 3/10

I più cinefili tra voi avranno probabilmente fissa nella testa una tra le scene più irriverenti-surreali-grottesche di "Caro Diario" di Nanni Moretti (per la verità bisognerebbe tenerlo tutto in testa, quel film), dove il caro Nanni si reca al cinema a vedere "Harry pioggia di sangue" spinto da una entusiastica recensione apparsa su un giornale. Il film si rivelerà inguardabile ed il barbuto protagonista si reca nel cuore della notte a casa del recensore per inquisirlo sul contenuto di quell'articolo. Bene, tutto questo per dire che questo film è stato per me sostanzialmente un susseguirsi di situazioni simili. L'ho visto abbastanza casualmente, ma di certo non ricordavo di aver letto recensioni negative sul suo conto, anzi.

Con Mickey Rourke sta succedendo qualcosa di opposto a quanto lo vedeva protagonista nella prima fase della sua carriera, dove accumulava stroncature anche a fronte di ottimi film e buone prove personali. Oggi,
dopo quanto è stato capace di fare con "The Wrestler", si assiste ad una sorta di "mitizzazione" (tanto per ritrovarci nel contesto d questo film) sia della sua persona che dei film in cui sceglie di comparire, quasi si abbia paura o temere di beccare qualche granchio affermando che un film con Rourke è una merda totale. Che poi questo sarebbe anche un altro film di merda a distanza ravvicinata per il vecchio Mick, dopo il
flop di "Iron Man 2".

Immortals è un film insulso, senza colpi di scena, con degli attori per nulla coinvolti nel progetto, clamorose incongruenze di sceneggiatura (un esempio è la mortalità degli Dei) e il dipanarsi degli eventi che segue dei binari così precisi da non richiamare per nulla l'attenzione dello spettatore. Il quale dal canto suo non ha poche chance per stare all'erta, persino le tanto attese scene di guerra o azione frenetica sembrano più implosive che esplosive. Del resto il solito, assurdamente ritrito, plot della vendetta per la morte di un famigliare e la tutt'altro che imprevedibile disputa interna al clan degli Dei se prendere o meno parte alle vicende umane. Poi il fallimento in termini coreografici e di fotografia (piatta, anonima) è ancora più grave alla luce del curriculum del regista che accredita quest'ultimo come una sorta di profeta degli effetti visivi.
Insomma, dall'inizio alla fine non ci sono spunti che attraggano anche un senso a caso tra vista e udito, magari l'avessi visto al cinema forse avrei sentito puzza di bruciato.

giovedì 29 marzo 2012

dischi - Edda , "Odio i vivi" (2012)



RICAPITOLANDO :


Noto alle cronache musicali per la sua carriera all’interno della seminale formazione dei Ritmo Tribale attiva sulla scena a cavallo degli anni 80 e 90 (e autrice di almeno 2 album fondamentali), Edda è accompagnato anche in questa avventura dal suo socio-collaboratore-amico Walter Somà. Questo è il secondo LP, a distanza di tre anni da "Semper Biot"

GENERE E VALUTAZIONE : Post-cantautorato , 8.5/10

Non è d’immediata comprensione la materia sonora di cui si compone questo intensissimo, stratificato e catartico LP. Innanzitutto bisogna focalizzare l’attenzione sull’interpretazione vocale dei brani, come un vero e proprio termometro emozionale delle canzoni. Edda è un’interprete quasi teatrale dei brani, dove l’istinto e il trasporto emotivo giocano un ruolo analogo. Dal punto di vistar più strettamente musicale, siamo dalle parti di un gusto elettrico nervoso, incostante, costantemente arricchito da affascinanti inserti orchestrali. L’anima tipicamente rock ricorda alcuni fra gli animali più “selvaggi” del panorama internazionale, come Lou Reed o Tom Waits, soprattutto per l’attitudine “improvvisata” di molti arrangiamenti.

Ora scarno e sghembo, ora pomposo e trionfante, l’universo sonoro di “Odio i vivi” fluisce parallelamente agli umori delle liriche.
Instaurare un feeling con “Odio i vivi” significa innanzitutto porre fiducia nel suo autore, nella sua profonda autoreferenzialità, nei suoi repentini cambi di umore e prospettive. Non a caso la mia definizione di genere “post-cantautorato” : si ha come l’impressione di essere costantemente all’ascolto di una destrutturazione di ogni concetto classico di canzone cantautorale. Prendere come epicentro di questi infiniti nervi elettrici “Topazio”. Un pezzo che si potrebbe definire classic-industrial, dove incedere meccanici e martellanti hanno negli arrangiamenti orchestrali un perfetto contraltare acido, con la chitarra che taglia l’aria e il canto beffardo. Non c’è una direzione precisa, un susseguirsi puntuale di strofa-ponte-ritornello. No, “Odio i vivi” rifugge dalle catalogazioni per saltare il passaggio intermedio ascolto-assimilazione, raggiungendo direttamente l’anima di chi si lancia nei suoi meandri. Nonostante le difformità, le dissonanze e gli spigoli duri tra le righe della narrazione, Edda agisce come un dissacrante direttore di fiati dove la fine ha comunque una ragion d’esser nell’inizio di ogni circolarità. Queste canzoni, nel loro insieme, hanno le sembianza di uno specchio incrinato da mille venature, a seconda dell’angolazione si può godere di una indecifrabile forma eterea oppure di una illuminante composizione di frammenti. Motivo per il quale è riduttivo e banale cercare di estrapolare frammenti di significativa rappresentanza dell’intero lavoro, dove le storie che parlano di sesso, morte, rinascita, amore, prostituzione, stupidità pur tradendo l’urgenza del racconto non scadono mai nel didascalismo. Anzi, alcune versi sono talmente fulminanti ed estemporanei da chiedersi se per caso non fossero già nascoste da qualche parte nella nostra coscienza. La voce di Stefano si insinua nelle ossa : interpreta alla perfezione lo spettro sonoro, nessuna pausa emotiva ma solo ferite pulsanti, redenzioni, cattiverie. Verità. E' l’estetica che trascende da buona parte dei canoni attuali sia in termini della modesta forma canzone che di concepimento sin dalla scrittura, a porre clamorosamente “Odio i vivi” ai vertici di genere. Perché ? Semplicemente perché un genere, finora, non c’era.


domenica 25 marzo 2012

Spine nel Fianco





  ** DATI IN CENTESIMI DI EURO **


 - 0.1 per la guerra in Abissinia del 1935

 - 0.7 per la crisi di Suez del 1956

 - 0.5 per il disastro del vajont del 1963

 - 0.5 per l'alluvione di Firenze del 1966

 - 0.5 per il terremoto di Belice del  1968

 - 5.1 per il terremoto in Friuli del 1976

 - 3.9 per il terremoto in Irpinia del 1980

 - 10.6 per la missione in Bosnia del 1996

 - 2.0 per rinnovo contrattuale autoferrotranvieri del 2004

 - 0.5 Per l'acquisto di autobus ecologici del 2005

 - 0.71 per il finanziamento alla cultura del 2001

 - 4.0 emergenza immigrati della crisi libica del 2011

 - 0.89 alluvione in Liguria e Toscana del 2011

 - 8.2 decreto salva Italia del 2011

 + Tassa regionale sui carburanti dal 1999


 Non state leggendo una variante del "Rosario" o del "Credo". Ma la destinazione, centesimo per centesimo, dell'accisa che sta crocifiggendo i possessori di automobile.
Come si può facilmente notare paghiamo ancora per emergenze o situazioni geopolitche ampiamente superate. Paghiamo per il manteniento degli immigrati ma nemmeno un centesimo per il terremoto di Foggia o l'Aquila. Finanziamo giornalmente delle guerre che non ci riguardano e degli autobus che molti di noi non hanno mai utilizzato.

Alla fine le accise pesano più del doppio dell’Iva: 70 centesimi al litro contro 30. E questo nonostante una beffa che fa discutere da tempo,senza soluzione: l’Iva viene calcolata considerando non il prezzo industriale della benzina, cioè pulito dalle tasse, ma quello che viene fuori sommando le accise.

Una tassa sulla tassa

lunedì 19 marzo 2012

dischi - The Shins "Port of Morrow" (2012)





DOV'ERAVAMO RIMASTI :

A chi accusa gli Shins (o forse invidia ?) di essere più culto che sostanza, rimandiamo all'ascolto dei tre album pubblicati prima di questo.
Tre album ricchi di numerose canzoni dalla melodia limpida, dall'incedere mai invadente, tanto raffinati quanto decisi nel puntare alla sostanza. I primi due collegati a filo rosso da arrangiamenti più scarni che guardavano in qualche modo al folk-rock, il terzo contraddistinto da un suono più avvolgente e da un piglio meno introspettivo. Collante a tutti i lavori è l'amore per il pop e la ricerca della soluzione perfetta, più volte sfiorata e sicuramente centrata.


VALUTAZIONE E GENERE : alternative pop-rock , 8/10


"Port of Morrow" da qui a un pò di tempo credo spazzerà via buona parte dei numerosi pretendenti allo scettro di generale del pop-rock per palati sopraffini.
Con buona pace di gente più o meno nota (gli ultimi e penultimi Coldplay prenderebbero solo schiaffi in faccia, per dire) c'è poco di cui dibattere, onestamente. O meglio si tratta del più assurdo dei dibattiti. In quale
ordine eseguire le canzoni nello stereo ? Oggi è una giornata da "It's Only Life" o da "One Way Down"(mi viene in testa "Girl on the wing") ? Quale imparerò prima ?
Perchè funziona così, semplice. Quando un disco passa agevolmente dai ritmi secchi e sintetici ("The Rifle's Spiral") alla pura e scanzonata canzone da balcone spalancato ("Bait and Switch"), passando per quella che
probabilmente è davvero una canzone perfetta ("Simple song"), per la guitar-ballad che non stanca nemmeno dopo 150 repeat ("40 mark Strasse") e per quel chamber pop che tutti cercano malatamente di sintetizzare
("September") vuol dire che la materia di cui è composto è quella della classe eterogenea. Poi magari chiude con qualcosa che mira dritto ai tessuti cutanei trapassandoli come fossero strati di burro come la title-track, beh allora s'intuisce che c'è onestamente ben poco di cui curarsi. Si può alzare solo il sopracciglio di fronte all'occasione sprecata di mirare davvero all'olimpo dell'universo pop-rock con quelle due canzoni a tre quarti di disco che appaiono come riempitivi fiacchi, ma tant'è.

Ci si accorge di essere di fronte a qualcosa di grosso anche dal timbro vocale di James Mercer mai come oggi incredibilmente variegato, seducente, quasi monolitico per la sicurezza con cui domina, modella e svolta dentro e fuori i suoi eterogenei costrutti armonici. E a dir la verità sono rimasto esterefatto dalla doppietta iniziale, le già citate "The Rifle's spiral" e "Simple song". Perchè sorpreso ? Non di certo perchè ho scoperto che gli Shins sono maestri negli stacchi e sovrapposizioni di differenti registri e arrangiamenti, ma perchè onestamente credevo che l'apertura di "Wincing the night away" con "Sleeping Lessons" e "Australia" fosse pressocchè insuperabile. Mi sbagliavo. Piuttosto sbagliavo nell'aver paura che, come il disco precedente, anche "Port Of Morrow" potesse non reggere l'urto dei primi 3-4 pezzi da urlo, finendo per "vivere di rendita" con canzoni non all'altezza. Ma non è così, perchè questo LP è creato da 10 episodi con una vita propria, paragrafi brevi all'interno di questo straordinario capitolo nella carriera di una band che probabilmente verrà sospinta verso successi e riconoscimenti anche maggiori di quelli avuti fin'ora.
La scrittura di James ormai incontrastato deus ex machina degli Shins si è definitivamente consolidata in uno stato di sintesi, precisione e freschezza probabilmente esente da qualsiasi peccato di gioventù e ingenuità.

Dove potrà arrivare ?

sabato 17 marzo 2012

L'apertura mentale dei Repubblicani



Se già l'incertezza nelle primarie repubblicane, la natura controversa di quasi tutti i candidati alle suddette e l'impossibilità di comparare anche soltanto uno tra questi con la personalità di Obama, non fossero segnali sufficienti a rendere una formalità le elezioni Presidenziali Americane del 6 novembre, allora ci pensa la maggioranza degli elettori americani a posare un'ulteriore ipoteca sul secondo mandato di Barack Obama.

Parlo delle Donne.

Il Partito repubblicano non passa un momento storico facilissimo e di fronte ha probabilmente uno tra i presidenti democratici più stimati dall'elettorato. Sommando questi due fattori, viene fuori un partito che traduce queste difficoltà nella grave indecisione sul chi affidare la sfida contro Obama.
Tuttavia se qualcosina gli uomini della destra americana potevano dirla in tema di economia e politica estera, devono sostanzialmente regredire alla disparità iniziale a causa della deplorevole e bigotta ideologia che attanaglia gli stati più radicali che aderiscono a questa corrente.
Gli scandali sulla dichiarazione dei redditi di Romney, le innumerevoli gaffe razziste di Ron Paul e Gringtich e la scarsezza di mezzi economici di Santorum non hanno certamente dipinto il partito repubblicano come una vera forza in grado di offrire una seria alternativa alla sinistra.
Ma si tratta comunque di dettagli, che magari una pressante e decisa campagna elettorale possono cancellare senza difficoltà.

Ma una buona campagna elettorale non può certo cancellare le clamorose iniziative di tre stati americani contro il sesso femminile :

- In Sud Dakota i repubblicani hanno proposto una legge che potrebbe rendere legale uccidere un dottore abortista.

- In Maryland hanno tagliato i fondi agli asili per poveri «perché le donne devono stare a casa coi figli, non lavorare ».

- In Georgia vogliono cambiare in «accusatrice» il termine legale per definire le vittime di stupri (per i crimini non di genere come la rapina si continuerà a usare «vittima»).

Siamo nel 2012. Non aggiungo altro.

mercoledì 14 marzo 2012

Bye, Bye Inter

Principi di infarto per i tifosi dell'Inter dopo questo gol nel finale

Non fosse stato il Marsiglia oggi, sarebbe stato il Bayern Monaco o il Real domani.(Per non parlare della vergogna di poter uscire magari contro i sorprendenti ragazzuoli dell'Apoel). Quindi.
Questa eliminazione è giusta, leale e non fa una grinza.
Nella regola degli scontri diretti molti commettono l'errore di dimenticare, come in questo caso di fronte ad una vittoria che non serve, quello che è successo all'andata come se una partita di due settimane prima fosse stata giocata un anno addietro con giocatori, allenatore e avversari diversi. Ma non è così.
L'Inter vista all'andata assorbe il 65% delle colpe dell'esito del doppio confronto. Una squadra che era uno specchio del grave momento di crisi di gioco ed identità, totalmente incapace di fare 5 passaggi di seguito o di essere minimanente pericolosa, seppur di fronte (altra aggravante) vi era tutt'altro che un top team. Insomma l'Inter vista a Marsiglia e che era stata dipinta come una espugnabile fortezza in grado di reggere per 89 minuti, era stata resa tale dalla pochezza degli attacchi francesi.

Ed il restante 45% di colpa ?
Sono tutti concentrati all'interno della scarsa ora di gioco in cui è rimasto in campo Snejder.
 Ma, badate bene, non me la prendo con l'olandese. Quando un giocatore del suo livello (perchè la Nazionale e l'Inter di Mourinho parlano chiaro) si esprime con le armi del nervosismo, dell'agire con fare da solista, dell'imprecisione a tratti snervante e dell'isolamento dalla manovra, c'è senza dubbio lo zampino dell'allenatore.
Ho apprezzato  che Ranieri abbia uscito le palle decidendo di mettere fuori Cambiasso per il giovanissimo e bravissimo Poli. Ma perchè le palle le ha mostrate solo a Cambiasso e non ha parlato chiaro con Snejder dicendogli che per il bene della squadra il modulo da adoperare era il 4-4-2 ? E che quindi o si adattava in fascia (difficile) o doveva restare tranquillo in panchina?

Un giocatore volenteroso. Ma questa non era la squadra per lui.

Non l'ha fatto. Non l'ha fatto perchè insicuro degli esiti delle alternative (Obi, Faraoni) oppure perchè incapace di imporre il suo carattere contro quello di un top-player da sempre coccolato da squadra, tifosi e dirigenza?
Io tendo a pensare che la cosa più plausibile sia la seconda. Ma Ranieri è comunque stato leale con Snejder. L'ha messo nella sua posizione e gli ha costruito intorno il centrocampo, ma questo non ha retto. Di più cosa si può fare ? I compagni non hanno messo in campo il giusto spirito di sacrificio per sostenere il trequartista. Sarà per il logorio fisico, sarà per attitudini personali o chissà per principio. Fattostà che l'Inter con il rombo non ha mai funzionato e la perseveranza con la quale Ranieri ha insistito nel volerlo imporre prima a se stesso e poi agli uomini in campo è stata forse la vera ragione del tracollo nerazzurro.
E la prova di questa tesi è nell'intensità messa in campo dall'Inter dopo l'uscita di Snejder e il ritorno al modulo classico di Ranieri. Il quarto d'ora fiammante d'inizio gara è stato a mio parere più che altro merito del contesto e della forza agonistica, passate queste il match si è adagiato su canoni nettamente più favorevoli ai francesi. Almeno fino a quando l'ingresso di Pazzini e Obi hanno cambiato il match. Ci volevano freschezza e velocità contro una squadra forte fisicamente e ben messa in campo. Troppo tardi.

Con Obi i supplementari avrebbero avuto un senso

INTER (4-3-2-1 ; 4-4-2) : J.Cesar sv, Nagatomo 5, Samuel 7, Lucio 5.5, Maicon 6,5; Zanetti 5,5, Stankovic 6, Poli 6, Snejder 5, Forlan 5, Milito 5,5. (Plus Obi 7 , Pazzini 6,5, Cambiasso 6) 

martedì 13 marzo 2012

in DVD - Solo Per Vendetta (Azione, thriller, R. Donaldson, 2011)




TRAMA : 

Will Gerard, è un insegnante d'inglese la cui vita viene sconvolta quando la moglie Laura viene violentemente aggredita senza un apparente motivo. Mentre osserva sua moglie nel letto d'ospedale, si avvicina un perfetto sconosciuto chiamato Simon. Simon espone a Will la possibilità di vendicare sua moglie. Potrebbe aspettare che la polizia trovi il colpevole, lo arresti e lo metta nella mani della giustizia. Oppure, potrebbe affidarsi a Simon e ai suoi "amici" che troverebbero il colpevole e lo giustizierebbero entro l'alba del giorno dopo. Emotivamente provato, Will accetta l'offerta, che purtroppo innescherà una spirale infernale di eventi che lo porteranno piano piano a perdere totalmente il controllo della sua vita.


VALUTAZIONE : 4,5

Nicolas Cage è uno dei pochissimi attori per i quali sono ancora disposto a vedere un film a scatola chiusa, cioè senza sapere chi siano il regista e lo sceneggiatore oppure la trama. Non so perché, ma sarà credo una questione di affetto, abitudine, bravura senza dubbio. E comunque resta sempre un divo che attira molti spettatori. Va da se che negli ultimi anni ho perso inutilmente un bel pò di ore inseguendo l'attore nipote di Francis F. Coppola all'interno di pellicole la cui qualità è andata via via scemando fino ad approssimarsi alla più piatta delle inutilità.

Tranne alcune pellicole, quelle dove ovviamente il regista non era il solito esecutore materiale e lo sceneggiatore un assemblatore di scene chiassose e ripetitive ma qualcosa di più, cito il caso del recente "Kick Ass" o il trash cult di "Drive Angry".
Ma senza tante obiezioni si può dire che da "World Trade Center" (2005) in poi, il vecchio Nick non ne ha più azzeccata una che sia una. Ci è andato vicino con il remake de "Il Cattivo Tenente" ma il peso dell'insuperabile originale di quel diavolo di A.Ferrara è stato insostenibile anche per un regista di tutto rispetto come W.Herzog.
Del resto potrebbe anche essere un problema di scelta dei copioni, anzi di sicuro lo è, ma partecipare a così tanti progetti contemporaneamente (anche due, tre in un anno) oltre ad inflazionare le sue quotazioni finiscono inevitabilmente per pesare sulle performance di un attore che ai bei tempi era anche in grado di reggere tutto un film sulle sue spalle, magari sdoppiandosi ("Il Ladro di Orchidee", vero capolavoro moderno, come del resto tutti i film dove ha messo le mani C. Kaufman). In sostanza il grosso problema dell'ultimo Cage è di recitare in modo davvero forzato dando per primo l'impressione di partecipare ad un film in cui non crede nemmeno lui, oppure quello di mettere tutto se stesso in pellicole che nonostante la sua prestazione finiscono per sgretolarsi da sole.

Questo "Solo Per Vendetta" ha una prima parte discretamente interessante. Fin dove reggono il mistero e la tensione si rimane molto curiosi e concentrati nell'osservare il dipanarsi degli eventi (anche se molti dei quali sono prevedibili, e qui non aiuta nlo stesso Cage che per esempio nella primissima scena del Bar è davvero pietoso lasciando intuire da un miglio cosa potrà accadere alla signora di li a poco); lo spunto della storia è anche valido e originale.
Poi però dal punto di svolta del film il regista decide di dimenticarsi totalmente di fattori come la coerenza, la suspence e dell'agire per sottrazione, affidandosi totalmente alla mera azione dove i fattori esterni al protagonista ed il cattivo di turno (orrenda la banalità con cui viene risolta la motivazione alla base del personaggio di G.Pearce) sono semplici elementi di corredo ed il film scorre spedito su binari prefissati senza il minimo colpo di scena poggiando tutte le contraddizioni sul solito complotto insormontabile per qualsiasi comune mortale.

lunedì 12 marzo 2012

Steve furbetto con gli ebook



Non c'è dubbio che difronte (si può scrivere attaccato, dice l'accademia della Crusca) alla morte bisogna essere quantomeno rispettosi e tranne che in casi particolarmente eclatanti, il buon gusto insegna che non è poi cosa tanto buona parlar male di un defunto ancor più se il defunto in questione è da più parti (cioè, quasi tutte) definito come uno dei più grandi geni dell'età moderna. Ma tant'è.

Il defunto in questione è Steve Jobs e siccome l'argomento "libri" mi piace molto, è il caso di tirarlo in ballo.

Infatti è in corso negli USA un'azione legale contro Apple e cinque dei più importanti editori degli Stati Uniti per aver concordato l’aumento dei prezzi per i libri in formato elettronico.Secondo il giornale, alcuni editori avrebbero già avviato le trattative per patteggiare ed evitare una causa antitrust, che potrebbe durare a lungo e rivelarsi controproducente per le loro finanze e la loro immagine.
Quando Amazon iniziò a vendere i primi ebook decise di attuare una politica dei prezzi molto aggressiva, tesa a espandere rapidamente il proprio mercato con offerte vantaggiose. Si mise a vendere best seller a 9,99 dollari, incoraggiando così i clienti a comprarsi un Kindle, il lettore di libri elettronici progettato e venduto dalla stessa Amazon. Questo sistema non piaceva affatto agli editori, preoccupati che i lettori potessero abituarsi all’idea che gli ebook fossero economici, impedendo così la loro vendita a prezzi più alti.
Steve Jobs, poco prima del lancio del primo iPad,propose a diverse case editrici di passare a un nuovo modello commerciale: loro avrebbero stabilito il prezzo per i libri e Apple avrebbe trattenuto per sé il 30 per cento da ogni transazione per l’acquisto da parte dei lettori. La proposta era vantaggiosa per gli editori ma aveva una importante clausola, una sorta di esclusiva che imponeva alle case editrici di impedire agli altri rivenditori di vendere gli stessi libri a prezzi inferiori.

Una sorta di "Cartello dei libri" dove la Apple interpretava il ruolo di capomafia che con grande generosità, previa decurtazione di una percentuale, lasciava libertà di azione nel proprio territorio ai piccoli spacciatori (gli editori).
E in tutto questo ovviamente ci vanno di mezzo i lettori.

domenica 11 marzo 2012

Sconsigliare la lettura ? Un reato.


Prima che divampasse la polemica su blog, giornali e televisioni mi ero imbattuto in "diretta" nell'ormai celebre articolo di Pietro Citati apparso sul Corriere della sera di Venerdì 9 Marzo. Onestamente non mi aveva sconvolto più di tanto anche perchè la collocazione e l'estetica del pezzo mi davano l'impressione di un tentativo palese di creare polemica e dibattito. Insomma ero arrivato a quella pagina del quotidiano, avevo letto l'articolo facendomi una risata e poi sono passato oltre.

Poi rileggendo la stessa sezione culturale del Corriere del giorno successivo (cioè sabato, ieri) mi sono accorto che in quelle 24 ore era praticamente successo un finimondo, una bagarre in pieno stile italico ricca
di insulti di ritorno, di "lei non sa chi sono io" e via dicendo. E sicuramente l'intento, ripeto non tanto velato del Citati, è stato colto in pieno : creare un buon polverone per dare un pò di pepe e ulteriore visibilità sia al quotidiano che allo scrittore/giornalista autore dell'invettiva.

Ma in sostanza, dov'è il cuore del problema?

L'articoletto (più che altro una riflessione libera che non coincideva con nessuna recensione) denigrava senza mezzi termini i libri colpevoli di essere "Bestseller" e con essi anche i loro autori. Al culmine del suo
climax alquanto delirante (e a mio parere molto oziosamente nostalgico) il buon Pietro la tira giù molto dura, consigliando ai potenziali o abituali lettori di non leggere affato piuttosto che sperperare tempo, denaro ed energie mentali nella lettura di libri così odiosamente privi di trama, basati sul più infimo dei cattivi gusti e su una scrittura priva anche del minimo sindacale di stile.
E faceva anche dei nomi  : Faletti, Dan Brown, Coelho. Ovvero autori stravenduti sia nel nostro paese che all'estero.
Il giorno dopo c'è stata quindi la piccata e seccata risposta di librai, editori e anche dello stesso Faletti che ha dichiarato che prima di quel giorno nemmeno sapeva chi fosse Pietro Citati.

Posto che l'assioma secondo il quale nel campo di arti come cinema, musica e letteratura difficilmente l'aggettivo "popolare" fa rima con "qualità", io trovo che nel campo della letteratura e per di più in un paese come l'Italia un grande quotidiano e anche uno stimato intellettuale come Citati dovrebbero andarci piano prima di attaccare così deliberatamente il "settore" libri.
Perchè ? Perchè in questo periodo di crisi, il settore editoriale è stato giudicato dagli italiani come quello meno "prioritario" all'interno di un portafoglio storicamente mai così limitato in termini di "surplus quotidiano" cioè all'interno di quelle abitudini più affiancabili agli sfizi che alle necessità e per questo soggette più di altre ad essere tagliate per non compromettere quelle di primaria importanza (trasporti, cibo, salute).

Eppure il libro, dal punto di vista economico ha un peso specifico più differenziato e che incide meno rispetto a due biglietti per il cinema o ad un disco o al corrispettivo per un concerto.
Ma gli italiani da quest'orecchio non ci sentono e hanno scelto proprio la letteratura come quel settore meritevole di ulteriori tagli e privazioni. Ed è stata una mazzata, perchè il settore non è stato mai così florido.

Perciò è innegabile che ci sia differenza tra un Faletti ed un Michele Mari, tra Michel Houellebecq e Dan Brown, tra Philip Roth e Paulo Coelho, ma per queste considerazione esistono le recensioni. Consigliare di evitare la lettura non è mai buona cosa.
Piuttosto dovremmo preoccuparci di divulgare meglio autori e opere di nicchia.

venerdì 9 marzo 2012

in DvD - L'amore che resta (dramma, di G.Van Sant)

TRAMA :

Annabel Cotton è una bella e dolce malata terminale di cancro che ama intensamente la vita e il mondo della natura. Enoch Brae è un ragazzo che si è isolato dal mondo da quando ha perso i genitori in un incidente. Quando i due si incontrano a una cerimonia funebre, scoprono di condividere molto nella loro personale esperienza del mondo.

VALUTAZIONE : 6,5

Mi verrebbe da paragonare questo film ad un libro di racconti brevi. Presi singolarmente generano interesse, ma nel complesso restano sfumati.
Il mio pensiero su questa, comunque validissima e toccante, pellicola di Van Sant (uno degli ultimi baluardi dello sperimentalismo che cerca di andar d'accordo col denaro) è che le premesse erano potenzialmente stratosferiche. Ad ogni modo diversi particolari (o note a margine) della vicenda sono ben più convincenti e gustosi dell'ineluttabile srotolarsi del flusso principale le cui dinamiche sono sotto gli occhi di una macchina da presa estremamente pudica e timida.
La sensazione è di essere di fronte a diversi e numerosi colpi di classe, lampi di humour nero obliquo e una interessante sensazione di sospensione temporale (almeno nella prima parte). Esempi ? Senza dubbio la "messinscena" collocata a tre quarti di film. O la figura dell'aviatore giapponese. O la passione che i due ragazzi hanno per i funerali (forse la più brillante intuizione a livello di sceneggiatura).


Il traino principale al film è senza dubbio il percorso della giovane Annabel. Una scelta che è sia croce che delizia : è interessante osservare l'approccio alternativo della giovane di fronte all'idea della morte a breve termine, ma è altrettanto deficitario esserne al corrente perchè si riducono di molto le scelte registiche.
In tal senso la parte centro-finale del film dove tutti i conflitti dei protagonisti sono svelati (con una risoluzione un pò frettolosa) soffre di molto la differenza con una prima parte decisamente più efficace in quanto enigmatica e "fredda". L'introduzione di elementi molto concreti come le famiglie, l'ospedale o qualche amico, abbatte la stranienate asetticità che avevano introdotto i personaggi, catapultando le loro vicende in un ambiente ordinario e scontato.
Il calore donato dall'amore dei due ragazzi reso ancora più definitivo dal fatto che esso non si potrà protrarre a lungo termine, dona al film una patinata atmosfera di protezione e indissolubilità che cozza con il presupposto iniziale. La coda finale è quindi già decisa in partenza ma comunque è ridotta all'osso e non può contare su sussulti o intuizioni figurative particolarmente efficaci.


domenica 4 marzo 2012

dischi - Farmer Sea, "A safe Place" (2012)


GENERE : indie, alt pop-rock

RICAPITOLIAMO :
Ragione sociale, sound e lingua dei testi indicano chiaramente una formazione di origine anglosassone. In realtà i Farmer sea sono di Torino ed "A safe place" è il loro secondo disco.

VALUTAZIONE : 6,5

I Farmer Sea con serietà e grande applicazione confermano le ottime sensazioni regalate dall'esordio ("Lo fi in relationships" del 2009) e si confermano come una tra le più interessanti giovani realtà del sottobosco
rock italiano.Indipendenti, freschi, diretti e senza paura di di suonare ciò che vogliono. Non si può non condividere il loro punto di vista. Ancor più se i riferimenti della loro musica sono chiaramente (talvolta fin troppo) orientati alle correnti più interessanti della proposta indie degli ultimi anni. "Lights" ricorda gli Interpol degli ultimi tempi (ma la melodia è più solare), "Small Revolution" è come un Iggy Pop riletto in chiave radio
friendly,"To the Sun" (primo singolo) accoglie le chitarre avvolgenti dei Nada Surf e pur mantenendo un profilo basso riesce a coinvolgere abbastanza, come del resto "The Green Bed" che svolazza sempre dalle parti degli States ma forse più dalle parti dei Death Cab For Cutie. Sulla stessa lunghezza d'onda il bell'intreccio di "Disappearing Seasons" che grazie a un ottima produzione gode di un bellissimo dialogo di chitarre dove la voce poco più che sussurrata si riscalda insieme al chorus strumentale.
Nell'ultima parte il disco a sorpresa assume delle leggere sfumature sintetiche che però non sono così fuori posto da rovinare l'esperienza. E a parte la rindondanza un pò fine a se stessa di "Summer always comes too late for us" più una sorta di impalpabilità dell'ultima "For Too Long", non riesco a trovare altri grossi difetti al disco.
Un album con una produzione molto molto valida e pulita (completamente curata dalla stessa band), con un buon numero di melodie azzeccate unite a soluzioni in termini di arrangiamenti e ritmiche senza dubbio eterogenee. Canzoni mai tediose (anche con numerosi repeat) e un'intelligente dilazioni dei ritmi nella composizione di strofe e ritornelli. Eelementi che sono votati alla bellezza ma con una interessante scia di oscurità, una sorta di retrogusto amaro che dona un fascino aggiuntivo all'affresco sonoro.
Una band solida che se verrà arrichita da quella maliziosa personalità assimilabile solo con gli anni e l'esperienza, siamo sicuri godrà di un seguito importante e ci regalerà altre perle di assoluto valore artistico.
E "The Fear" è senz'altro una top song del 2012.

venerdì 2 marzo 2012

al Cinema - "Hesher è stato qui" (dramma, di S.Susser)




TRAMA :

 T.J. ha 13 anni. Con il padre Paul si è trasferito a vivere dalla nonna, nel tentativo di riprendersi dalla morte della madre, avvenuta due mesi prima in un incidente. La possibilità di riprendersi, per T.J., arriva nella forma più inaspettata e imprevedibile. Quella del giovane Hescher, un solitario metallaro sporco e malnutrito con l'hobby di dare fuoco alle cose e dalla sigaretta sempre accesa. T.J. rimane affascinato dal carisma e dall'anticonvenzionalità di Hesher, e sarà solo grazie alla sua carica anarchica ed eversiva che lui e suo padre riusciranno a impadronirsi nuovamente delle loro vite

VALUTAZIONE : 6,5

Credo che faccia parte della magia tipica del cinema l'aura mistica che circonda quei film destinati sin dalla prima sequenza a diventare "cult".
Spesso si tratta di storie borderline, per la maggior parte visionate da un esiguo numero di spettatori e realizzate in modo indipendente. E che a modo loro si dimostrano "irripetibili" (anche se il termine è sovente vittima di abusi).
Bene, "Hesher è stato qui" diventerà un film di culto. O più precisamente un piccolo gioiello per coloro i quali poco si interessano dei film costosi, del box office e tutto ciò che generalmente circonda lo star system.
Eppure il film non è recitato da attori reclutati per strada. Per dire, Natalie Portman è vincitrice di Oscar (e di certo non è la punta dell'iceberg del film).
Il film invece deve tutto ad Joseph Gordon-Levitt che va a far coppia con l'altro escluso eccellente dalle nomination per il migliore attore, R.Gosling.
Il personaggio di Hesher è odioso, sporco, violento, immorale, dissacrante. Una spina nel fianco per chiunque lo frequenta. Ed infatti è un disadattato che per trovare ospitalità e calore umano si insedia di forza in una casa di sconosciuti.
Siamo di fronte a quei film che hanno la fortuna di poter contare su interpreti e personaggi così magnetici e carismatici (forse troppo) da rendere tutto l'universo che gravita intorno a loro assolutamente marginale e superfluo, persino qualcosa di grosso ed importante come un lutto materno è macinato e metabolizzato dall'uragano Hesher.
Ad avercene di uragani così.