giovedì 9 agosto 2012

dischi - resoconto finale



Two door cinema club - Beacon (pop-rock)



Non mi piace dir cattiverie, soprattutto se una band è al secondo disco e non al decimo. Quindi, sulla carta, con molto tempo per addrizzare il tiro nel caso questo risulti impreciso. Ma lo scopo, non dichiarato ma palese in modo quasi asfissiante, di operare con l'omologazione tipica di chi cerca il profitto nel consenso di un pubblico precisamente identificato (ragazzino al secondo anno di liceo che viene catechizzato, da quelli dell'ultimo anno sul fatto che l'inizio dell'era musicale che conta coincida con il primo disco dei Franz Ferdinand, dei Little Man Tate o dei Kooks etcetc) attraverso una proposta musicale talmente ripetitiva , plagiante e vuota che trova terreno fertile nei sensazionalismi di taluna stampa (?) musicale, è qualcosa che non mi fa tenere i nervi saldi. Quindi, fanculo TDCC.

VOTO : 4/10


The Walkmen - Heaven (alt-rock)


Troppo politically correct questo settimo album di quella che comunque resta una rispettabilissima band di culto dell'ex sottobosco americano. Le atmosfere sono molto, troppo lontane dalle tensioni elettriche, ben di frequente nervose, dei dischi passati. Ciò che, insomma, ha sempre contraddistinto la cifra stilistica della band. Heaven è un viaggio (ricordato attraverso dei flash) che racconta diversi decenni di storia del rock, dagli anni 60 ad oggi, dove manca clamorosamente il punto di svolta, quella fiaccola che illumini con senso di responsabilità tutto il cammino. Sarebbero difetti grossi in assenza di quella classe e quel raffinato senso del mestiere che fanno comunque la differenza in ogni ambito. La sensazione è quella di trovarsi all'interno di un'atmosfera troppo rarefatta, con il sound che gira attorno a soluzioni che in alcuni (la minoranza) capitoli lasciano un pò indifferenti specie quando suonano davvero lontani dall'abituale background. E la promozione su cosa si basa ? Le canzoni, buona parte delle canzoni, sono davvero belle. Ed è evidente che il risultato sia raggiunto negli episodi dove la costruzione e gli arrangiamenti guardano con carisma al bagaglio di esperienze più attinenti alla recente tradizione della band ("The love you love", "Heaven").


VOTO : 6.5/10


Weird Dreams - Coreography (alt-pop/rock)


Anche se del mio personale disco dell'estate ne ho scritto qualche riga più su (Japandroids, yes!), non disdegno di consigliare questo - seppur innocuo e fin troppo pulito - dischetto di pop-rock UK. Non abbaglia per delle scelte sconvolgenti (riferimenti fin troppo chiari alle ondate che portano dall'altra parte dell'oceano) ma è entrato nelle mie grazie per merito della bontà dei suoi ingredienti che risultano amalgamati al meglio al fine di rendere il più possibile variegate le non banali intuizioni melodiche. Queste restano valide sia nella loro accezione più vivaci e power ("Holding Nails" ha delle tastiere così sbeffeggianti !, "Faceless" con delle chitarre decise e mi piace), quanto nelle vesti più soft dove anzichè mirare dritto al bersaglio si tenta con successo la carta della crepuscolarità romantica (la titletrack). Un pò come se gli ultimi Shins (dovute proporzioni) si facciano una gita in scandinavia bevendo qualche pinta con gli Shout Out Louds.


VOTO : 6.5/10



Wild Nothing - Nocturne (alt-pop/rock)


Phoenix alla moviola in salsa 80's ("Counting Days" ), Ian Curtis su basi alla Cindy Lauper ("Paradise"), Cure-cure-cure ("Disappear Always", "The Blue Dress"), Pains Of Being Pure At Heart narcotizzati ("Rheya", dovrei avrei insistito di più sulle percussioni conclusive e "Only Heather"). Mi scoccia andare oltre (ma, badate, le canzoni citate sono validissime). Il risultato non è per nulla stucchevole, ma colpisce una certa immobilità di fondo che sembra tarpare le ali alle potenzialità espresse in "Gemini". Non so se è giusto definirla una prova col freno a mano tirato, ma quel che è sicuro è che si arriva alla fine con un pensiero ben definito : Tutto qui ? Di certo è un bene quando una tracklist è così ben bilanciata da rendere naturale il repeat, ma quando il repeat è mirato all'ossessiva ricerca di quel bandolo della matassa difficile da scovare, allore le cose stanno in modo diverso. Tuttavia come già detto per i Walkmen, la classe e il modo in cui sono curati i suoni ("Through The Grass" ha un impianto ritmico da Dio), nonchè una indiscutibile varietà nella scrittura, conducono ad un risultato molto, molto più che apprezzabile. E, insomma, pezzi belli come "This Chain Won't Break" non sono esistiti nemmeno nel 1984.

VOTO : 7/10


Yeasayer - Fragrant World (synth pop, art-pop, pop-rock)


La durata degli spunti interessanti all'interno di questa terza fatica in studio targata Yeasayer mi porta a pensare che ogni canzone avrebbe detto tutto anche se il minutaggio non avesse superato i 100 secondi.
Le canzoni non mi hanno lasciato un bel nulla dopo un numero di ascolti sufficiente a ricordarne la diversità all'interno della tracklist. Solo echi di riferimenti alla recente produzioni di pop contaminato a più non posso da synth e metriche sghembe. E riferimenti piuttosto pesanti, come ad esempio quello agli ultimi Animal Collective nella conclusiva Glass Of the Microscope (già il titolo puzzava).
Non c'è un mood che riesca ad accomunare quasi nessuno dei pezzi in scaletta e molti potrebbero dire che la versatilità possa essere posta nella parte di schema riassuntivo dedicato ai pregi; ma non è così perchè la sensazione è che si cerchi con insistenza quel suono innocuamente ricercato che contribuisca a rendere il disco il più patinato e attuale possibile ma senza, di fatto, accontentare nessuno (come quando in Henrietta si gioca a fare i Grizzly Bear remixati).

VOTO : 5.5/10









lunedì 6 agosto 2012

dischi - resoconto di penultima portata (III)


The Tallest man On Earth - There's no leaving now (chamber-folk + lo-fi)



Non ho molti dischi nella mia stanza che suonano a questa maniera, cioè
come un folk-pop da camera a bassa fedeltà con una voce nasale pungente e decisa. Una sorta di cantastorie stranamente sobrio, che incanta con la sua brava chitarra, i timidi inserti di archi e piano, con fingerpicking assortiti. Verrebbe da dire che ci si romperebbe le palle al terzo pezzo, o meglio io direi che potrei rompermi i coglioni dopo tre pezzi. Ma non è così, perchè il tizio non si piange addosso, non incute un senso di strage apocalittica imminente e non si atteggia a santone post new-age (più per scopare che per vendere dischi). E poi le canzoni, istantanee come flash nella loro rivelazione, sono ben bilanciate nella terra di nessuno che divide l'introspezione più riservata dalla necessità di espellere le tossine dei sentimenti più struggenti. Quindi questo è un bel disco, seppur scarno, semplice e avaro di quelle ritmiche che fanno tenere il cazzo duro a chi porta jeans strappati e converse. Ma tant'è.

VOTO : 7/10



Tindersticks - The something rain  (alt-pop/rock)

Ci sono quei dischi che ascolti fugacemente in un momento personale e materiale decisamente sbagliato (esempio, stanchezza e poco tempo
libero), ma che in un moto di veggenza lasci nella sua brava griglia di
i-tunes in attesa di un ascolto più disponibile che potrebbe anche non
arrivare mai. Per me è successo con questa nuova fatica dei Tindersticks, l'album più sbagliato dell'intero lotto da associare ad un ascolto distratto. Perchè bisogna prendere le cuffie, chiudere le varie cazzate in pdf e le rindondanti pagine dei social network, sistemare per benino l'equalizzatore e fissare lo schermo che non fa altro che passare da una traccia all'altra. E quando sei ancora alla fine del magnifico crescendo di "Show Me everything" ti ritrovi sospeso nella leggiadra nonchalance seduttiva di "This fire of autumn", ringrazi il tuo personale dio musicale che ha vegliato su di te al
momento della pulizia delle cartelle inutili nel reparto musica del tuo pc. Cito ancora : "A night so still" che si mangia in un sol boccone ogni velleità di rivalsa della gioventù synth-etizzata; "Frozen" che macchia di soul i Radiohead dell'era Amnesiac, "Come Inside" una sorta di "Us and them" a uso e consumo di raffinati lounge bar.

voto : 7/10



The smashing Pumpkins - Oceania ("pop-rock")


La cosa più interessante partorita dalla testa in continuo fervore di Billy Corgan dai tempi di Adore (1998) non è questo o quello fra gli anonimi dischi stampati a suo nome o con qualcun altro degli astratti pseudonimi di circostanza, bensì un'interessante (piccata e , ovviamente, frustrata) osservazione sulle sorti poco casuali che toccano agli attori dell'odierna scena indie che, Billo says, sarebbe schiavizzata delle rigide aspettative modaiole imposte dalle fanzine musicali più rilevanti. Una scena, insiste il guru pelato, priva di qualsiasi mordente e/o spirito di rivalsa contro il sistema, quindi di moti politici alla base di testi e movimenti musicali. Bene, vista la quasi totale irrilevanza di questo "Oceania" (una iniqua manciata di pezzi salvabili e la sua voce che resta comunque evocativa), il consiglio che mi sento umilmente di dare a Mr. Pumpkin è quello di seguire l'esempio di un altro reduce illustre della scena americana degli anni 90, quel K. Novoselic che suonava il basso in quella band che se non sbaglio si chiamava Nirvana. Ecco Bill-boy, datti anche tu alla politica. E se nemmeno questa nuova rifondazione personale dovesse funzionare, potresti sempre mettere su un trio punk (ovviamente con una ex tossica al basso per dare un'immagine credibile del progetto) e tornare a suonare nei bassifondi di Chicago. Così, stando alle tue ipotesi complottiste, avresti almeno le carte in regola per giocarti un posto nella tanto agognata categoria BEST NEW MUSIC.

VOTO : 4.5/10


Ty Segall Band  - Slaughthouse (garage, punk, noise)



Ty S. vuole stordire e ci riesce benissimo. Vuole rispedire al mittente
qualsiasi sogno di melodia sotto forma di scariche punk-garage il cui
unico scopo è quello di dare oppressione alle orecchie di chi si presta
all'ascolto. Composizioni distorte, malate, cattive, ma anche
(sporadicamente) sospese tra hard e sweet, quanto tra l'ascoltabile ed
il cacofonico. Ma non c'è quiete, perchè le intenzioni del nostro sono
ben dichiarate (si veda la cover) ed è il caso che non indossiate il
vostro completo migliore. Probabilmente il momento storico dell'indie
non è dei più proprizi per la sua esplosione o meglio per una efficace
divulgazione del suddetto verbo, ma il carattere e l'idea artistica ben definita rendono questo ragazzaccio un eroe del suo genere e del suo tempo.

                                              VOTO : 6.5/10


mercoledì 1 agosto 2012

dischi - continua il resoconto (pt II)



Liars - WIXIW  (alt-rock, post-punk)



Non se la sottovalutazione dei più e il culto inossidabile dei meno, alla lunga possa continuare ad innaffiare con la stessa generosità odierna le terre sempre fertili dove crescono le idee dei Liars. Certo è che con questo album (Il loro "Kid A" ?) questi ortodossi dell'oscurità più malata mettono ancora una volta a tacere moltitudini di aspiranti sacerdoti di quella mirabile straficazione evocativa di cui i ragazzoni di N.Y.C. sono officianti massimi. Sedurre con un tappeto sonoro non identificabile dove si riesce tanto a sottrarre quanto aggiungere (synth, basso, voce e percussioni sono un verbo unico) è un piatto assai raffinato, la cui ricetta è ancora ben custodita. E un pezzo come "Brats" l'avrei visto benissimo nella OST di Trainspotting.

                                                      VOTO : 8/10




Lightships - Electric Cables (alt-pop)



Quanta delicatezza (mai troppa, prometto) in questo delizioso disco di alt-pop ! La band è composta dall'unione di nomi grossi del pop trasversale britannico (teenage fanclub, belle & sebastian) che uniscono le forze nella scrittura di pezzi che hanno un andamento quasi classico, allegretto, come una sinfonia di primavera. La voce non è mai sopra le righe (anche elegantemente raddoppiata) e gli arrangiamenti sono talmente variegati da far pensare più ad un pop orchestrale dal basso profilo che non al classico lavoro di chitarre-basso-batteria (che poi alla fine sono gli ingredienti principe del sound). La forma canzone è sì rispettata, ma le licenze di colorare con più pennelli possibile i pezzi donano quel tocco di brìo necessario a far pulsare l'emozione.

                                                     VOTO : 6.5/10



Lotus Plaza - Spooky action at distance (alt-rock, indie-rock)

Chi sostiene che Bradford Cox sia molto più che il tizio dall'aspetto sfigato che scrive tutte le musiche dei Deerhunter e che nel tempo libero per far prima si pubblica altra roba a nome Atlas Sound, avrà altre prove per rafforzare la propria tesi ascoltando questo nuovo capitolo del side project di L.Pundt a tempo pieno anch'egli nei Deerhunter. Cox è un mood. Cox è una atmosfera. Cox capiremo cos'ha fatto solo tra un decennio. Cox è un pò ovunque in questo disco anche se le tracce hanno un gusto più classico negli arrangiamenti e qualcosa più di un solo retrogusto malinconico. Chitarre ben suonate che pizzicano i sensi con garbo e e diligenza, quasi a non voler disturbare il flusso melodico che resta sempre spontaneo e suggestivo.



                                                    VOTO : 6/10 



Maximo Park - The National Health (pop-rock)



Con ciò che segue non voglio dire che i Maximo Park da domani debbano darsi al psych-folk o al dream pop, però queste 13 canzoni altro non comunicano se non l'urgenza mettersi a un tavolino e decidere se cercare di mettere al posto giusto l'ingranaggio mancante per far partire la macchina del tempo e tornare al 2003 o prendere coscienza una volta per tutte dell'inscrollabile realtà che la crescita personale e musicale sono più importanti della riproposizione in loop della medesima formula (peraltro con uno slancio ed una convinzione da cover band).

VOTO : 4.5/10



Mission of Burma - Unsound (post-punk, punk-rock)



I Mission of Burma appartengono a quella schiera di musicisti, non molto ampia a dir la verità, che nel 2012 possono con nonchalance sputare in faccia a chi gioca a voler scoprire l'acqua calda di generi come noise e post-punk aspettandosi nient'altro che ringraziamenti per esser stati incensati di tale liquido sacro. 
E basterebbero una trentina di secondi di una canzone come "Part of sea" per rendere l'idea. "Unsound" rinnova con vigore la magica rabbia dell'odio per i compromessi e le carezze, iniziato esattamente 30 anni fa con un monolite imprescindibile che risponde al nome di "VS".

VOTO : 6.5/10 



Purity Ring - Shrines (synth-pop)


I Purity Ring rientrano nella più esemplare delle casistiche relative al Post-dream-synth-non-pop che per dire, nella sua accezione più confusionaria e ancora meno pop ma con bpm più alti vede capeggiare Grimes ed in tempi decisamente meno inflazionati e frenetici (quindi meno sospetti) anche gli XX (però almeno loro con la doppia voce e molto molto più talento, evitano l'ostacolo della non riconoscibilità delle tracce che è il vero grande male del filone in questione). La proposta dei PR vede la solita voce femminile che ha in testa Madonna, adagiata (o meglio incollata) su basi sintetiche abbastanza monotone e scarne, ovvero una sorta di lo-fi computerizzato che non riesce quasi mai a sollevare la testa dai giochini della distorsione vocale che segue il beat.

                                                     VOTO : 5/10



The Cribs - In the belly of brazen bull (indie-rock)


Questa è probabilmente la prova più completa e continua nella carriera dei Cribs, dove quella che secondo me era una loro grossa pecca - quell'imbarazzante differenza qualitativa tra singoli e riempitivi - viene aggirata grazie ad un lavoro più serio sulla parte strumentale e sulla mera scrittura. Nonchè ad una mano sapiente che schiaccia i bottoni in studio. Qualcosa vorrà pur dire se due fra i più sorprendenti dischi indie-rock dell'anno (questo e il Cloud Nothings) abbiano goduto in parte (i cribs) o in tutto (i C.N.) dell'esperienza del mai sonnecchiante Steve Albini. Perchè come fa suonare la chitarra e la batteria certa gente (riuscendo a rendere appetibile anche un piatto di cacca fresca), ben pochi in giro sono capaci di farlo. Così i Cribs oltre ai soliti (ma più numerosi del solito) pezzi killer a questo giro hanno costruito (quasi) con sapienza anche una solida impalcatura su cui appendere le casse.. 

VOTO : 7/10