mercoledì 16 maggio 2012

al cinema - "Hunger" (dramma, di S. McQueen)




TRAMA :

Il film racconta della rivolta attuata nel carcere nordirlandese di Maze all’alba degli anni Ottanta, quando i detenuti dell’IRA, per costringere il governo inglese a dargli lo status di prigionieri politici, diedero prima il via d uno sciopero dell’igiene e successivamente, per iniziativa di Bobby Sands, ad uno sciopero della fame che portò alla morte dello stesso Sands e di altri nove detenuti.


VALUTAZIONE : 8 / 10

McQueen non conosce le regole del pudore. La sofferenza la prende di petto, la esplicita. Non esalta nulla, nè mostra quel gusto sadico per la spettacolarizzazione che talvolta rovina anche pellicole molto valide.


Ma del resto l'unico modo per rendere giustizia a Bobby, questo indelebile martire politico irlandese, era quello di rendere il più vivida possibile ogni sua sofferenza, umiliazione, decadimento.
E il regista inglese lo fa con maestria senza dimenticare quel tocco malinconico che rende la vicenda ancora più toccante (il riferimento è ovviamente alla gioventù di Bobby).
E a rendere il tutto quasi insopportabile sia per intensità che esplicita rappresentazione fisica, c'è la macchina da presa che segue con inesorabile dovizia di particolari le torture e le invivibili condizioni quotidiane a cui erano costretti a sottostare i detenuti.


Non è un film per cuori fragili e stomaci ballerini, il fastidio e la rabbia che incutono diverse sequenze sono frutto della volontà del regista di non lasciarsi andare a moralismi o a sotterfugi per allargare il bacino d'utenza.
E probabilmente non staremmo a parlare di una pellicola così importante (arrivata nei nostri cinema solo 4 anni dopo l'uscita a Cannes) se M. Fassbender oltre a metterci la faccia e le sue indiscutibili doti attoriali, non ci metta letteralmente il fisico, la pelle, il sangue. Diventato quasi uno scheletro con gli occhi aperti, l'interprete tedesco  diventa un'iconica rappresentazione delle torture fisiche e psicologiche subite dal vero Bobby e aiutato dal regista, che pur indugiando un pò troppo nel finale sulla fisicità dell'attore, offre una prova di rara intensità che ha il suo picco nel perfetto scambio di battute con il prete alla vigilia dell'inizio della sua agonia. 





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