GENERE : Indie-pop, pop-rock in lingua italiana
VOTO : 7/10
Forse il più suadente, accessibile e vario tra i dischi in lingua italiana usciti fino a questo punto dell'anno, "Yu-hu" (seconda prova degli Intercity) spazia con una completa convinzione e sorprendente padronanza nella variazione di registri : dal powe-pop al cantautorato, dallo chamber pop ad ascensioni dream, passando per l'indie-pop venato di sinfonismi ("Nouvelle Vogue"). Il collante a tutte queste sottili influenze è quindi l'attitudine pop, cristallina e di rado banalizzata, se non quando l'accostamento con qualcosa fatta dai Baustelle è più marcato.
Il tutto condito da melodie limpide, senza giri inutili, dall'alto coefficiente emozionale. Fin troppo gentili, a volte ("Anais" un pò più dura sarebbe stata davvero memorabile). Ma qui parliamo di gusti personali.
Oggettivamente l'album per quasi tre quarti è compilato da singoli episodi di egual - alto - valore, il calo è fisiologico ed avviene solo quando il numero delle canzoni passa oltre la quantità di 10, anche se va detto che le ritmiche fresche di "Anti" in chiusura sono convincenti.
Lo stile è raffinato, mai sopra le righe, di chiaro e buon gusto. I testi sono narrati quasi ovunque con la giusta dose di malinconia e distacco, e la cui eccessiva colta verbosità rappresenta forse l'unico grande limite all'identificazione e credibilità, nonchè una sorta d'imposizione interpretativa che appare in episodi isolati un pò monocorde ("Mondo Moderno").
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