domenica 30 settembre 2012

dvd *invisibili* - La Bella Gente (dramma,commedia, di I.De Matteo, 2011)


SCENEGGIATURA : 6

REGIA : 6,5

GLOBALE : 6,5


Probabile che alla fine si sia calcato troppo la mano sulle corde più sentimentali concedendo solo pochi stralci all'egoismo e ad una visione cinica della situazione in cui questa famiglia borghese si va a cacciare per dar seguito ad un capriccio che sa tanto di utopia.

Ma il ritratto tracciato da De Matteo, ultimamente in sala con "Gli equilibristi", resta comunque efficace e molto vivido nei suoi contorni. Una prostituta che viene "adottata" da una coppia di mezza età benestante come una sorta di "atto dovuto" per i mali che affliggono il mondo e che possono essere risolti facendo partire la rivoluzione dal nostro letto, finisce per scombussolare gli equilibri dell'agile menage famigliare con la sua bellezza e semplicità che mettono in crisi quelli che alla fine non risultano essere valori di 
fratellanza e solidarietà, ma banali prese di posizione che fanno rima con snobismo e superficialità. Come se la vita di una persona può essere ridotta ad una sorta di gioco di ruolo dove con la stessa facilità con la quale si da avvio alla lotta altrettanto facilmente si scappa se le cose si mettono male.

Privo di grossi colpi di scena e forse colpevolmente prevedibile a causa di qualche indugio di troppo da parte del regista sulle reazioni alternate dei protagonisti, il film è comunque una godibilissima sorta di commedia/dramma da camera, con l'intima natura dei personaggi mai sopita che resta l'unica grande vincitrice di tutta la posta in palio.



venerdì 21 settembre 2012

dvd - Like Crazy (dramma, sentimentale, di D.Doremus)


SCENEGGIATURA : 7 / 10

REGIA : 7.5 / 10

GLOBALE : 7.5 / 10




Non si può certo dire che il soggetto sia dei più originali : una storia romantica che deve sconfiggere le barriere di tempo e spazio. Quindi, come può un film risultare migliore di numerosi altri che affollano il genere di appartenenza ?

Innanzitutto con un modo di raccontare differente. Ed infatti l'amore che travolge i due giovani protagonisti e che li accompagnerà fino alle soglie dell'età adulta, è raccontato - come per ogni buona produzione indipendente che si rispetti - più per immagini che per parole, cercando di rendere ogni inquadratura il più originale possibile,provando a dire il necessario per mandare in orbita l'immaginazione.
Poi ci vogliono degli attori credibili. E Anton Yelchin e Felicity Jones rendono alla perfezione l'idea che ha il regista di Anna e Jacob. Pur essendo belli (più lei per la verità..), non fanno sfoggio di pose cool e non rubano la scena alla narrazione, ma diventano perfetti compagni di viaggio per il tempo che passa.
E poi un regista, che possa fare il massimo per rendere la vicenda il più reale possibile, con tutti i conflitti e le semplificazioni di una vita comunque ordinaria.

Gli ingredienti ci sono tutti e anche se l'ovvio eccesso di dolcezza nel montaggio può rendere superflui gli sforzi di realismo, il ritmo è secco, le immagini asciutte e per nulla patinate, dove la pische complessa dei protagonisti (poco credibili, in verità, i relativi partner alternativi) è resa con una semplicità disarmante. Da racconto della porta accanto.




domenica 16 settembre 2012

dvd - A dangerous Method (2011, dramma, di D. Cronenberg)



SCENEGGIATURA : 5 / 10

REGIA : 5,5 / 10

GLOBALE : 5 / 10



Siete di fronte ad un quadro totalmente astratto, geometrico, con delle stampe al posto dei pennelli. Vi dicono che si tratta di un Van Gogh. Suppongo che quantomeno potreste reagire con aria dubbiosa, distaccata. Cauta, ecco.

Bene, vi assicuro che una reazione simile sarebbe venuta fuori dopo la visione di "A Dangerous Method" senza sapere chi fosse il regista del film. Li avreste nominati tutti, meno che il vecchio David, ne sono sicuro.
Si può dire di tutto : che la materia era ardita (forse inadatta, come tempi, alla trasposizione al cinema), che l'approccio è stato piuttosto asettico, che senza dubbio la sceneggiatura non ha picchi.
Ma la verità assoluta è che questo è un Cronenberg in tono minore, molto classico nel disegnare le traiettorie visive e anche fin troppo pudico.

Tuttavia, se le scelte stilistiche sono discutibili (le infinite missive finiscono per dare la fastidiosa senzazione di romanzo d'appendice, la mancanza del vero grande colpo di scena a favore della maturazione dei fatti, la macchina da presa che non prende rischi, la colonna sonora che impregna troppo l'azione rendendola innaturale) la direzione degli attori è quella di sempre, quella che ha reso immortale  - per dare un esempio recente - il non-fino-a-quel-momento-imprescindibile Viggo Mortensen di A History Of Violence, dove non ci si stanca mai di guardare la pacata glacialità di Freud (sempre Mortensen) contrapposta all'insicurezza cronica di Jung (sempre meglio, Fassbender)
Ma dove, alla fine, a godere saranno l'infettiva Portman e l'inclassificabile Cassel.

venerdì 14 settembre 2012

cinema - Prometheus (sci-fi, di R. Scott)


SCENEGGIATURA : 5

REGIA : 7

GLOBALE : 5.5

Ha senso riporre grandi aspettative nel ritorno al cinema di genere di un autore ormai ultra settantenne (ovvio che ci sono delle eccezioni, vedi Eastwood), la cui ultima incursione nella fantascienza risale a trenta anni fa e peraltro con due prove ("Alien" e "Blade Runner") che ad oggi per diversi motivi restano ancora insuperate e insuperabili nonchè legate ai suoi esordi ? Insomma, si poteva credere a un Ridley Scott capace di imporre nuovi standard a questo sci-fi odierno dominato dalle figure emergenti di registi coraggiosi ed eclettici come Duncan Jones, Neil Bloomkamp, J.J. Abrahms (per non parlare del visionario Nolan..) ? 

Io, realisticamente, direi di no.
E' chiaro, non senza una punta di cinismo, che dopo il trio delle meraviglia Duellanti-Alien-Runner il regista britannico ha confezionato solo una sfilza insignificante di blockbuster ad uso e consumo di produttori e platee, con l'unica eccezione del sempre sottovalutato ed importante "Il genio della truffa". In secondo luogo è passato troppo tempo per riallacciarsi - anche se di striscio - ad un filone tanto importante quanto ben curato come quello di Alien. Non lo può fare un regista ormai legato alle major e le cui sorti a questo giro sono dipese da uno sceneggiatore della tv.

Tali premesse si concretizzano in un film lineare, prevedibile, così speditamente didascalico da poter anche fare a meno di seguirne i dialoghi. Il punto critico è la mancanza di profondità del racconto, la quasi totale assenza di quelle tenebre (sia fisiche che emotive) densissime che hanno reso immortale Alien e una caratterizzazione dei personaggi alquanto approssimata, dove la compagine a bordo della Prometheus è la solita combriccola di elementi in continuo conflitto che poi di nascosto amoreggiano.

Tuttavia la messinscena è notevole, la fotografia e diverse sequenze nella seconda parte molto più che meritevoli della visione e tutto ciò, assurdo dirlo, è merito del regista. A mancare è la storia, dove l'incipit è troppo frettoloso, dove le azioni dei personaggi seguono binari prevedibili e spesso (vedi l'androide Fassbender) peccano di coerenza e il dipanarsi degli eventi procede spedito senza incertezze o conflitti.


giovedì 9 agosto 2012

dischi - resoconto finale



Two door cinema club - Beacon (pop-rock)



Non mi piace dir cattiverie, soprattutto se una band è al secondo disco e non al decimo. Quindi, sulla carta, con molto tempo per addrizzare il tiro nel caso questo risulti impreciso. Ma lo scopo, non dichiarato ma palese in modo quasi asfissiante, di operare con l'omologazione tipica di chi cerca il profitto nel consenso di un pubblico precisamente identificato (ragazzino al secondo anno di liceo che viene catechizzato, da quelli dell'ultimo anno sul fatto che l'inizio dell'era musicale che conta coincida con il primo disco dei Franz Ferdinand, dei Little Man Tate o dei Kooks etcetc) attraverso una proposta musicale talmente ripetitiva , plagiante e vuota che trova terreno fertile nei sensazionalismi di taluna stampa (?) musicale, è qualcosa che non mi fa tenere i nervi saldi. Quindi, fanculo TDCC.

VOTO : 4/10


The Walkmen - Heaven (alt-rock)


Troppo politically correct questo settimo album di quella che comunque resta una rispettabilissima band di culto dell'ex sottobosco americano. Le atmosfere sono molto, troppo lontane dalle tensioni elettriche, ben di frequente nervose, dei dischi passati. Ciò che, insomma, ha sempre contraddistinto la cifra stilistica della band. Heaven è un viaggio (ricordato attraverso dei flash) che racconta diversi decenni di storia del rock, dagli anni 60 ad oggi, dove manca clamorosamente il punto di svolta, quella fiaccola che illumini con senso di responsabilità tutto il cammino. Sarebbero difetti grossi in assenza di quella classe e quel raffinato senso del mestiere che fanno comunque la differenza in ogni ambito. La sensazione è quella di trovarsi all'interno di un'atmosfera troppo rarefatta, con il sound che gira attorno a soluzioni che in alcuni (la minoranza) capitoli lasciano un pò indifferenti specie quando suonano davvero lontani dall'abituale background. E la promozione su cosa si basa ? Le canzoni, buona parte delle canzoni, sono davvero belle. Ed è evidente che il risultato sia raggiunto negli episodi dove la costruzione e gli arrangiamenti guardano con carisma al bagaglio di esperienze più attinenti alla recente tradizione della band ("The love you love", "Heaven").


VOTO : 6.5/10


Weird Dreams - Coreography (alt-pop/rock)


Anche se del mio personale disco dell'estate ne ho scritto qualche riga più su (Japandroids, yes!), non disdegno di consigliare questo - seppur innocuo e fin troppo pulito - dischetto di pop-rock UK. Non abbaglia per delle scelte sconvolgenti (riferimenti fin troppo chiari alle ondate che portano dall'altra parte dell'oceano) ma è entrato nelle mie grazie per merito della bontà dei suoi ingredienti che risultano amalgamati al meglio al fine di rendere il più possibile variegate le non banali intuizioni melodiche. Queste restano valide sia nella loro accezione più vivaci e power ("Holding Nails" ha delle tastiere così sbeffeggianti !, "Faceless" con delle chitarre decise e mi piace), quanto nelle vesti più soft dove anzichè mirare dritto al bersaglio si tenta con successo la carta della crepuscolarità romantica (la titletrack). Un pò come se gli ultimi Shins (dovute proporzioni) si facciano una gita in scandinavia bevendo qualche pinta con gli Shout Out Louds.


VOTO : 6.5/10



Wild Nothing - Nocturne (alt-pop/rock)


Phoenix alla moviola in salsa 80's ("Counting Days" ), Ian Curtis su basi alla Cindy Lauper ("Paradise"), Cure-cure-cure ("Disappear Always", "The Blue Dress"), Pains Of Being Pure At Heart narcotizzati ("Rheya", dovrei avrei insistito di più sulle percussioni conclusive e "Only Heather"). Mi scoccia andare oltre (ma, badate, le canzoni citate sono validissime). Il risultato non è per nulla stucchevole, ma colpisce una certa immobilità di fondo che sembra tarpare le ali alle potenzialità espresse in "Gemini". Non so se è giusto definirla una prova col freno a mano tirato, ma quel che è sicuro è che si arriva alla fine con un pensiero ben definito : Tutto qui ? Di certo è un bene quando una tracklist è così ben bilanciata da rendere naturale il repeat, ma quando il repeat è mirato all'ossessiva ricerca di quel bandolo della matassa difficile da scovare, allore le cose stanno in modo diverso. Tuttavia come già detto per i Walkmen, la classe e il modo in cui sono curati i suoni ("Through The Grass" ha un impianto ritmico da Dio), nonchè una indiscutibile varietà nella scrittura, conducono ad un risultato molto, molto più che apprezzabile. E, insomma, pezzi belli come "This Chain Won't Break" non sono esistiti nemmeno nel 1984.

VOTO : 7/10


Yeasayer - Fragrant World (synth pop, art-pop, pop-rock)


La durata degli spunti interessanti all'interno di questa terza fatica in studio targata Yeasayer mi porta a pensare che ogni canzone avrebbe detto tutto anche se il minutaggio non avesse superato i 100 secondi.
Le canzoni non mi hanno lasciato un bel nulla dopo un numero di ascolti sufficiente a ricordarne la diversità all'interno della tracklist. Solo echi di riferimenti alla recente produzioni di pop contaminato a più non posso da synth e metriche sghembe. E riferimenti piuttosto pesanti, come ad esempio quello agli ultimi Animal Collective nella conclusiva Glass Of the Microscope (già il titolo puzzava).
Non c'è un mood che riesca ad accomunare quasi nessuno dei pezzi in scaletta e molti potrebbero dire che la versatilità possa essere posta nella parte di schema riassuntivo dedicato ai pregi; ma non è così perchè la sensazione è che si cerchi con insistenza quel suono innocuamente ricercato che contribuisca a rendere il disco il più patinato e attuale possibile ma senza, di fatto, accontentare nessuno (come quando in Henrietta si gioca a fare i Grizzly Bear remixati).

VOTO : 5.5/10









lunedì 6 agosto 2012

dischi - resoconto di penultima portata (III)


The Tallest man On Earth - There's no leaving now (chamber-folk + lo-fi)



Non ho molti dischi nella mia stanza che suonano a questa maniera, cioè
come un folk-pop da camera a bassa fedeltà con una voce nasale pungente e decisa. Una sorta di cantastorie stranamente sobrio, che incanta con la sua brava chitarra, i timidi inserti di archi e piano, con fingerpicking assortiti. Verrebbe da dire che ci si romperebbe le palle al terzo pezzo, o meglio io direi che potrei rompermi i coglioni dopo tre pezzi. Ma non è così, perchè il tizio non si piange addosso, non incute un senso di strage apocalittica imminente e non si atteggia a santone post new-age (più per scopare che per vendere dischi). E poi le canzoni, istantanee come flash nella loro rivelazione, sono ben bilanciate nella terra di nessuno che divide l'introspezione più riservata dalla necessità di espellere le tossine dei sentimenti più struggenti. Quindi questo è un bel disco, seppur scarno, semplice e avaro di quelle ritmiche che fanno tenere il cazzo duro a chi porta jeans strappati e converse. Ma tant'è.

VOTO : 7/10



Tindersticks - The something rain  (alt-pop/rock)

Ci sono quei dischi che ascolti fugacemente in un momento personale e materiale decisamente sbagliato (esempio, stanchezza e poco tempo
libero), ma che in un moto di veggenza lasci nella sua brava griglia di
i-tunes in attesa di un ascolto più disponibile che potrebbe anche non
arrivare mai. Per me è successo con questa nuova fatica dei Tindersticks, l'album più sbagliato dell'intero lotto da associare ad un ascolto distratto. Perchè bisogna prendere le cuffie, chiudere le varie cazzate in pdf e le rindondanti pagine dei social network, sistemare per benino l'equalizzatore e fissare lo schermo che non fa altro che passare da una traccia all'altra. E quando sei ancora alla fine del magnifico crescendo di "Show Me everything" ti ritrovi sospeso nella leggiadra nonchalance seduttiva di "This fire of autumn", ringrazi il tuo personale dio musicale che ha vegliato su di te al
momento della pulizia delle cartelle inutili nel reparto musica del tuo pc. Cito ancora : "A night so still" che si mangia in un sol boccone ogni velleità di rivalsa della gioventù synth-etizzata; "Frozen" che macchia di soul i Radiohead dell'era Amnesiac, "Come Inside" una sorta di "Us and them" a uso e consumo di raffinati lounge bar.

voto : 7/10



The smashing Pumpkins - Oceania ("pop-rock")


La cosa più interessante partorita dalla testa in continuo fervore di Billy Corgan dai tempi di Adore (1998) non è questo o quello fra gli anonimi dischi stampati a suo nome o con qualcun altro degli astratti pseudonimi di circostanza, bensì un'interessante (piccata e , ovviamente, frustrata) osservazione sulle sorti poco casuali che toccano agli attori dell'odierna scena indie che, Billo says, sarebbe schiavizzata delle rigide aspettative modaiole imposte dalle fanzine musicali più rilevanti. Una scena, insiste il guru pelato, priva di qualsiasi mordente e/o spirito di rivalsa contro il sistema, quindi di moti politici alla base di testi e movimenti musicali. Bene, vista la quasi totale irrilevanza di questo "Oceania" (una iniqua manciata di pezzi salvabili e la sua voce che resta comunque evocativa), il consiglio che mi sento umilmente di dare a Mr. Pumpkin è quello di seguire l'esempio di un altro reduce illustre della scena americana degli anni 90, quel K. Novoselic che suonava il basso in quella band che se non sbaglio si chiamava Nirvana. Ecco Bill-boy, datti anche tu alla politica. E se nemmeno questa nuova rifondazione personale dovesse funzionare, potresti sempre mettere su un trio punk (ovviamente con una ex tossica al basso per dare un'immagine credibile del progetto) e tornare a suonare nei bassifondi di Chicago. Così, stando alle tue ipotesi complottiste, avresti almeno le carte in regola per giocarti un posto nella tanto agognata categoria BEST NEW MUSIC.

VOTO : 4.5/10


Ty Segall Band  - Slaughthouse (garage, punk, noise)



Ty S. vuole stordire e ci riesce benissimo. Vuole rispedire al mittente
qualsiasi sogno di melodia sotto forma di scariche punk-garage il cui
unico scopo è quello di dare oppressione alle orecchie di chi si presta
all'ascolto. Composizioni distorte, malate, cattive, ma anche
(sporadicamente) sospese tra hard e sweet, quanto tra l'ascoltabile ed
il cacofonico. Ma non c'è quiete, perchè le intenzioni del nostro sono
ben dichiarate (si veda la cover) ed è il caso che non indossiate il
vostro completo migliore. Probabilmente il momento storico dell'indie
non è dei più proprizi per la sua esplosione o meglio per una efficace
divulgazione del suddetto verbo, ma il carattere e l'idea artistica ben definita rendono questo ragazzaccio un eroe del suo genere e del suo tempo.

                                              VOTO : 6.5/10


mercoledì 1 agosto 2012

dischi - continua il resoconto (pt II)



Liars - WIXIW  (alt-rock, post-punk)



Non se la sottovalutazione dei più e il culto inossidabile dei meno, alla lunga possa continuare ad innaffiare con la stessa generosità odierna le terre sempre fertili dove crescono le idee dei Liars. Certo è che con questo album (Il loro "Kid A" ?) questi ortodossi dell'oscurità più malata mettono ancora una volta a tacere moltitudini di aspiranti sacerdoti di quella mirabile straficazione evocativa di cui i ragazzoni di N.Y.C. sono officianti massimi. Sedurre con un tappeto sonoro non identificabile dove si riesce tanto a sottrarre quanto aggiungere (synth, basso, voce e percussioni sono un verbo unico) è un piatto assai raffinato, la cui ricetta è ancora ben custodita. E un pezzo come "Brats" l'avrei visto benissimo nella OST di Trainspotting.

                                                      VOTO : 8/10




Lightships - Electric Cables (alt-pop)



Quanta delicatezza (mai troppa, prometto) in questo delizioso disco di alt-pop ! La band è composta dall'unione di nomi grossi del pop trasversale britannico (teenage fanclub, belle & sebastian) che uniscono le forze nella scrittura di pezzi che hanno un andamento quasi classico, allegretto, come una sinfonia di primavera. La voce non è mai sopra le righe (anche elegantemente raddoppiata) e gli arrangiamenti sono talmente variegati da far pensare più ad un pop orchestrale dal basso profilo che non al classico lavoro di chitarre-basso-batteria (che poi alla fine sono gli ingredienti principe del sound). La forma canzone è sì rispettata, ma le licenze di colorare con più pennelli possibile i pezzi donano quel tocco di brìo necessario a far pulsare l'emozione.

                                                     VOTO : 6.5/10



Lotus Plaza - Spooky action at distance (alt-rock, indie-rock)

Chi sostiene che Bradford Cox sia molto più che il tizio dall'aspetto sfigato che scrive tutte le musiche dei Deerhunter e che nel tempo libero per far prima si pubblica altra roba a nome Atlas Sound, avrà altre prove per rafforzare la propria tesi ascoltando questo nuovo capitolo del side project di L.Pundt a tempo pieno anch'egli nei Deerhunter. Cox è un mood. Cox è una atmosfera. Cox capiremo cos'ha fatto solo tra un decennio. Cox è un pò ovunque in questo disco anche se le tracce hanno un gusto più classico negli arrangiamenti e qualcosa più di un solo retrogusto malinconico. Chitarre ben suonate che pizzicano i sensi con garbo e e diligenza, quasi a non voler disturbare il flusso melodico che resta sempre spontaneo e suggestivo.



                                                    VOTO : 6/10 



Maximo Park - The National Health (pop-rock)



Con ciò che segue non voglio dire che i Maximo Park da domani debbano darsi al psych-folk o al dream pop, però queste 13 canzoni altro non comunicano se non l'urgenza mettersi a un tavolino e decidere se cercare di mettere al posto giusto l'ingranaggio mancante per far partire la macchina del tempo e tornare al 2003 o prendere coscienza una volta per tutte dell'inscrollabile realtà che la crescita personale e musicale sono più importanti della riproposizione in loop della medesima formula (peraltro con uno slancio ed una convinzione da cover band).

VOTO : 4.5/10



Mission of Burma - Unsound (post-punk, punk-rock)



I Mission of Burma appartengono a quella schiera di musicisti, non molto ampia a dir la verità, che nel 2012 possono con nonchalance sputare in faccia a chi gioca a voler scoprire l'acqua calda di generi come noise e post-punk aspettandosi nient'altro che ringraziamenti per esser stati incensati di tale liquido sacro. 
E basterebbero una trentina di secondi di una canzone come "Part of sea" per rendere l'idea. "Unsound" rinnova con vigore la magica rabbia dell'odio per i compromessi e le carezze, iniziato esattamente 30 anni fa con un monolite imprescindibile che risponde al nome di "VS".

VOTO : 6.5/10 



Purity Ring - Shrines (synth-pop)


I Purity Ring rientrano nella più esemplare delle casistiche relative al Post-dream-synth-non-pop che per dire, nella sua accezione più confusionaria e ancora meno pop ma con bpm più alti vede capeggiare Grimes ed in tempi decisamente meno inflazionati e frenetici (quindi meno sospetti) anche gli XX (però almeno loro con la doppia voce e molto molto più talento, evitano l'ostacolo della non riconoscibilità delle tracce che è il vero grande male del filone in questione). La proposta dei PR vede la solita voce femminile che ha in testa Madonna, adagiata (o meglio incollata) su basi sintetiche abbastanza monotone e scarne, ovvero una sorta di lo-fi computerizzato che non riesce quasi mai a sollevare la testa dai giochini della distorsione vocale che segue il beat.

                                                     VOTO : 5/10



The Cribs - In the belly of brazen bull (indie-rock)


Questa è probabilmente la prova più completa e continua nella carriera dei Cribs, dove quella che secondo me era una loro grossa pecca - quell'imbarazzante differenza qualitativa tra singoli e riempitivi - viene aggirata grazie ad un lavoro più serio sulla parte strumentale e sulla mera scrittura. Nonchè ad una mano sapiente che schiaccia i bottoni in studio. Qualcosa vorrà pur dire se due fra i più sorprendenti dischi indie-rock dell'anno (questo e il Cloud Nothings) abbiano goduto in parte (i cribs) o in tutto (i C.N.) dell'esperienza del mai sonnecchiante Steve Albini. Perchè come fa suonare la chitarra e la batteria certa gente (riuscendo a rendere appetibile anche un piatto di cacca fresca), ben pochi in giro sono capaci di farlo. Così i Cribs oltre ai soliti (ma più numerosi del solito) pezzi killer a questo giro hanno costruito (quasi) con sapienza anche una solida impalcatura su cui appendere le casse.. 

VOTO : 7/10



lunedì 30 luglio 2012

dischi - Resoconto veloce (pt 1 )


Senza girarci troppo attorno, negli ultimi tempi ho ascoltato dei dischi (sia nuovi che vecchi). Alcuni nemmeno per intero, altri a malapena una volta sola e altri un numero di volte sufficiente a farmi un'idea onesta delle loro qualità.

Una recensione intera per ognuno dei dischi di cui mi sono fatto un'idea sarebbe stato un lavoro ciclopico, anche perchè poi se mi concentravo solo su un cd mi sarei dimenticato se gli altri mi piacevano o meno.
Così ho pensato di raggruppare quelli di cui per un motivo o per l'altro mi andava di parlare, in una specie di mini catalogo buono per operare qualche scelta nell'impiego delle oziose giornate estive. Sui dischi vecchi molta gente ha già detto molte cose, anche su quelli nuovi a dir la verità (e in maniera senza dubbio più precisa e competente di Mino, ma non ci posso far niente se c'ho nel sangue la voglia di giudicare gli LP !!), però parlare con l'entusiasmo della novità di un disco del 1984 è una cosa che proprio non mi riesce.

Inutile dire a quale tipo di ascoltatore si rivolgono o in quale business musicale rientrano.

Per allungare un pò il brodo divido questa sorta di breviaro in due o tre parti (nel caso mi viene da aggiungere qualcosa).


A PLACE TO BURY STRANGERS - Worship (noise, industrial, post-punk)


Tappeti di feedback che si scontrano su una pista industrial asfaltata di beat spigolosi, saturi e neri come la pece, scariche noise alcoliche mai diluite che paiono voler inghiottire l'ascoltatore e risputarlo fuori sotto forma di androide schiavizzato vestito di latex. Alla fine del viaggio, questa è l'immagine di "Worship" che mi è rimasta addosso.
Gli A Place to bury Strangers continuano spediti sulla loro strada e
quella che a loro tempo fu dei Jesus and Mary Chain dove oggi invano
hanno tentato di raggiungerli anche gli ultimi Twilight Sad.

VOTO : 6.5/10






AMOR FOU - 100 giorni da oggi (alt-pop, synth)




Spiazzante e, ad ogni buon conto, discontinuo il terzo disco degli Amor
Fou riesce comunque nell'intento di condurre per mano l'ascoltatore all'interno di un viaggio colorato e colmo di idee fresche, dove i punti di riferimento risalgono a due abbondanti decenni addietro (disco, synth, pop), con il gusto tutto cantautorale di correre per conto proprio assumendo pienamente i rischi del caso. Gli sbandamenti tipici dell'estrema sicurezza nei propri mezzi sono perfettamente controbilanciati da singoli da urlo.

VOTO : 7.5/10





DIIV - Oshin (dream-rock, post-punk)


I DIIV propongono un pop-rock etereo di matrice essenzialmente dream che guarda (anzi si fissa a gurdare) all'UK degli anni 80 e che ha nella rarefatta dilatazione di ritmiche e linee di chitarra il suo status quo dichiarato. Il canto è una sirena lontana, smorzata e resa innocua da fitte trame strumentali che sono piuttosto monotone e adagiate su stilemi post-punk che non pungono o attirano l'attenzione proprio a causa dell'omologazione decisa sul genere.Tuttavia l'applicazione con cui i ragazzi si lanciano a capofitto nel compito e la riuscita di una certa atmosfera narcolettica, rendono il disco un quasi discreto sottofondo notturno.

VOTO : 5/10





HOLOGRAMS - HOLOGRAMS (garage, post-hardcore, post-punk)



Imbattersi nel 2012 in qualcosa di già sentito è probabile tanto quanto guardare il cielo e registrare il passaggio di uno stormo di uccellini.
Tutto sta nel peso specifico che si attribuiscono alle fonti di ispirazione e alla volontà di modellarle a propria immagine e somiglianza e non viceversa. Questo debutto degli Holograms anche se ben suonato non attira mai l'attenzione e si perde in stilemi (post-)hardcore/punk e garage con il timore tipico, dei debuttanti, di andare fuori dal sentiero delle aspettative della schiera indie. Ed il circolo vizioso non finisce mai.

VOTO : 5/10






HOT CHIP - In our heads (electro pop, synth-pop, beat)


Non avranno l'estasiante mood psichedelico dei Daft Punk nè il miracoloso potere della sintesi di James Murhpy e probabilmente nemmeno l'attitudine erotomane della disco anni 80, ma gli Hot Chip non
annoiano, seppur l'intasamento della categoria richiede alti sforzi innovativi. Arrangiamenti eterogenei e melodie catchy quanto basta, li rendono sopra la media tanto nell'intrattenimento soft ("How do you do?") quanto in quello dove il voltaggio tende a superare le righe ("Night and day"). Nonostante gli ovvi saggi di autoreferenzialità è un disco che potrebbe interessare in modo trasversale ascoltatori dal differente backgorund.

VOTO : 6.5/10



IL TRIANGOLO - Tutte le canzoni (pop-rock)



La cosa che meno mi ha convinto in questo esordio, comunque coraggioso e a suo modo di personalità, è la sensazione che a più riprese il calcolo abbia avuto la meglio sulla spontaneità. E un lato B decisamente poco pungente della prima cinquina (direi impalpabile, se si esclude "Primavera"), dove a mancare è il cambio di marcia che possa rinnovare quell'interesse rimasto ancorato a quel paio di episodi più riusciti. I ragazzi però hanno al loro arco una quantità non comune di frecce e l'affinamento compositivo che si avrà in futuro potrà solo giovare, a patto che si molli la presa sul citazionismo.

VOTO : 5.5/10





JAPANDROIDS - Celebration rock (punk-rock, alt-rock)

A chi accusa "Celebration Rock" di aver ammorbidito l'attitudine selvaggia che traspariva con decisione nell'esordio, rispondo che al contrario qualche coretto in più sparso qua e la all'interno delle formidabili otto tracce dell'Lp contribuiscono a risaltare la bontà degli slanci elettrici, che probabilmente con un flusso continuo di cattiverie avrebbero finito per banalizzare il tutto. Più ancorato agli anni 90 americani che non ai 70 anglosassoni, il disco non molla la presa per un secondo e regala momenti di assoluto godimento per chi 
ancora crede. L'assoluta dipendenza della melodia dal rumore e viceversa rendono il disco unico nel panorama, ancor più apprezzabile perchè le limitazioni tecniche insite in un duo chitarra-batteria sono annientate da idee fresche, chiare e che per nulla abusano di qualsivoglia faciloneria da stadio.


VOTO : 8/10







martedì 10 luglio 2012

al cinema - The Amazing Spiderman (sci-fi, azione di M.Webb)







TRAMA : 

The Amazing Spider-Man è la storia di Peter Parker, un liceale emarginato che è stato abbandonato da piccolo dai genitori e affidato allo zio Ben e alla zia May. Come la maggior parte degli adolescenti, Peter cerca di capire chi è e come è diventato la persona che è adesso. Peter cerca la sua strada insieme alla ragazza per cui si è preso una cotta, Gwen Stacy, e insieme i due affronteranno l'amore, l'impegno e tanti segreti. Quando Peter scopre una misteriosa valigetta che apparteneva a suo padre, inizia una ricerca per capire il perché della scomparsa dei genitori - e questo lo porta direttamente a Oscorp e al laboratorio del Dr. Curt Connors, il vecchio socio del padre. Quando, come Spider-Man, entrerà in rotta di collisione con l'alter ego di Connors, Lizard, Peter sceglie di usare i suoi poteri e diventare un eroe, anche se questo cambierà radicalmente la sua vita.

VALUTAZIONE : 5/10


Non bisogna aver rivisto giusto ieri la trilogia di Sam Raimi per chiedersi come mai gli studios abbiano tutta questa voglia di soppiantarla con qualcosa di nuovo.
Giusto per fare un esempio scemo, ci sono voluti 16 anni e due costosissimi film a vuoto per far riposare il dvd del Batman di Tim Burton (e nonostante l'incredibile rigore filosofico-artistico di Nolan, qualcuno dice ancora che quelli del periodo 89-92 siano insuperabili), figuriamoci se in un batti baleno un regista semi esordiente riesca a far dimenticare le mirabili acrobazie di T.Maguire o la successione pressoché infinita di scene madri all'interno della saga del buon Sam.

Logica avrebbe voluto che quello odierno avrebbe dovuto chiamarsi "Spiderman 4" perchè fino a quando Raimi non è esploso le intenzioni erano quelle. Invece si è ripartiti da zero, sullo stesso arco temporale, su pressocchè gli stessi personaggi e gli medesimi snodi narrativi.
Scelta che lancia in campo aperto i confronti fra le due produzioni (e non ci vuole chissà quale acume critico per tirare in fretta le somme).
Ed è una cosa che magari si sarebbe potuto evitare con uno spin-off tipo Spiderman Noir. E invece no : Peter Parker orfano, Peter Parker ragazzo difficile, Peter Parker molto sagace risolve inimmaginabili teoremi di genetica, Peter Parker viene morso da un ragno, Peter Parker in una settimana diventa un esperto controllore dei suoi poteri, Peter Parker si innamora della ragazza sbagliata, Peter Parker vede morire suo zio e come niente continua la sua lotta contro il dottore pazzo, Peter Parker non si scompone di fronte ad una mega lucertola carnivora, Peter Parker strada facendo si dimentica dei genitori e del tizio che ha ucciso lo zio.

Insomma una storia già scritta, come la Bibbia.

sabato 7 luglio 2012

dischi - dEUS "Following Sea" (2012)


GENERE E VOTO  - Pop-rock con sprazzi art,  4.5/10

Tom Barman da un decennio ha scelto per la sua celebre creatura gli stilemi della classic rock-band che intrattiene egregiamente dal vivo e che di tanto a tanto da alle stampe un disco per rinverdire la scaletta dei concerti, così giusto per non riproporre all'infinito il solito greatest hits.

Che poi parlando in termini matematici, il Limite che caratterizza il percorso dei dEUS tenderà a quella tipologia di attività. Negli anni a venire invecchieranno ancora di più e le poche energie creativo-nervose saranno investite nella sala prove dei tour anzichè nell'incisione di nuovo materiale.
Ed è anche meglio così, perchè i dischi che hanno seguito "The ideal Crash" dopo aver concentrato il loro meglio nel comunque rivalutabile "Pocket Revolution" non hanno lasciato alcuna traccia nella memoria dell'ascoltatore disinteressato e peggio ancora in quello del fan di lunga data.

Dove l'impronta è pedissequamente calcificata entro degli arrangiamenti sempre più soft, dove l'esercizio di stile preferito è lo spoken word con i backing vocals che rimarcano delle frasi-chiave e l'inventiva frizzante è palesemente sacrificata in favore di soluzioni che anche quando sono concentrate paiono esser dilatate all'infinito.
Non fa eccezione questo "Following sea" che laddove con un pò di furbizia potrebbe mischiare le carte per intrappolare l'interesse dell'ascoltatore, si mostra già dimesso e palesemente figlio di un assemblaggio dell'ultima ora.
Perchè al di la delle dichiarazioni di facciata si tratta di outtakes  che con un pò di coraggio nel migliore dei casi avrebbero potuto fungere da b-side e che nei peggiori pongono dei dubbi che non si tratti degli originali ma di una cover band (Girls Keep Drinking).

E la giustificazione dell'okay alle stampe di questa raccolta buona per onorare il - peraltro - legittimo tour estivo, non deve confondersi con l'assoluzione per causa della presunta leggerezza dell'operazione.

Perchè quando i dischi non memorabili (efumesimo) si susseguono fino a diventare numericamente più rilevanti di quelli validi con l'aggravante di creare un gap temporale assai ampio tra la fase acuta e quella calante dell'ispirazione, allora è meglio imporsi un riposo, un restyling orientato al ripresentarsi più freschi e rinnovati di prima, aznichè fossilizzarsi non tanto nelle formule stilistiche quanto nella bassa qualità dei risultati. I quali di certo non portano alla ghigliottina ma con più probabilità alla progressiva perdita di speranze  nella ricerca di guizzi degni di nota, grigia anticamera della disaffezione.















venerdì 6 luglio 2012

al cinema - Quell'idiota di nostro fratello (commedia, di J.Peretz)



TRAMA :


Ned è un agricoltore biodinamico che è stato detenuto in carcere per spaccio di droga. Una volta scarcerato, torna alla sua fattoria, ma viene rifiutato dalla compagna Janet che ora vive lì con un altro uomo. Ned non ha più una dimora in cui vivere, ma la coppia gli offre come alloggio la stalla delle capre in cambio della somma di 1 000 dollari. Per ragranellare la cifra, l'uomo decide di riallaciare i contatti con la famiglia e, in particolare, con le tre sorelle che incontra nuovamente in occasione di una cena a casa della madre.
In successione, Ned andrà a vivere nelle case delle tre sorelle creando a tutte non pochi problemi: Liz, troppo preoccupata di essere una madre perfetta per rendersi conto dell'infelicità del figlio e del rapporto in crisi con il marito; Miranda, giornalista di Vanity Fair, che sta per ottenere la pubblicazione del suo primo articolo di rilievo e, infine, la bisessuale Natalie, che intreccia una relazione con un amico all'insaputa della fidanzata e convivente Cindy.

VALUTAZIONE : 7




Uno di quei film che potete tranquillamente vedere senza dover preoccuparvi di non perdere neanche un minuto pena un irrimediabile ingarbugliamento del filo della trama.
"Our idiot brother" è una pellicola tale e quale al suo protagonista, che potrebbe essere visto come il light side dell'Hesher protagonista di un'altro indie-movie sui generis come "Hesher è stato qui"  : sincero, scanzonato, ingenuo.
Ed è proprio la bontà d'animo, unita alla coerente e precisa caratterizzazione di Ned a rendere il lunatico ragazzone hippie un Eroe vero e proprio, senza il prefisso "anti" che fa così moda. Perchè lui, in modo del tutto inconsapevole sconquassa la vita delle persone e quasi se ne vanta, salvo diventare un amuleto da cui è impossibile separarsi.
Girato senza troppi abusi di luoghi comuni, nonostante la sostanziale semplicità delle questioni umane in cui si imbatte il Nostro (tradimenti, gelosie, stress), il film è sempre sul punto di decollare ma talvolta sembra stopparsi per non osare troppo soprattutto nel campo delle scorrettezze che in alcuni passaggi sarebbero state più che congruenti.





giovedì 31 maggio 2012

Razzi, Arpìe, Inferno e Fiamme




Alla chiesa non ne va una bene, ultimamente.

Anzi, è dalla morte di Giovanni Paolo II che non c'è stato verso di raddrizzare la situazione.
Le cose e le persone losche e sbagliate ci sono sempre state, ma probabilmente il vecchio Carol W. era semplicemente più abile nel fare scudo sul vaticano, mettendoci la faccia e probabilmente sbrigandosela da solo nelle questioni più delicate con l'ausilio di pochissimi ma irreprensibili collaboratori.

Invece il povero ex militare delle SS Joseph R., ogni giorno che passa vede sempre più acqua sgorgare da qualsiasi anfratto della casa Pontificia.

Soldi, ambizioni personali, pedofilia, tradimenti, enigmatici sparizioni all'ombra della croce, cospirazioni di qualsiasi genere.
E' un gran puttanaio, per dirla con Don Giorgio de Capitani.
Insomma, lo scandalo della fuga dei documenti privati del Papa, l'assurda questione dello IOR e la pista poco rinfrancante che porta il cadavere di Manuela Orlandi dove non dovrebbe proprio essere, sono il classico vagito di un Vulcano che non ce la fa più a trattenersi.

Ma dov'è il marcio ? Come può la chiesa uscirne con poche ossa rotte ? Non è certo la crisi vissuta a cavallo della rivoluzione francese (religiosi che finivano alla ghigliottina con lo stesso ritmo delle olive che cadono dagli alberi nel periodo di maturazione), ma ci vorranno misure molto drastiche per non far degenerare la situazione.

Una questione di non poco conto è proprio nella persona di Benedetto XVI. Appare, a mio parere sempre più debole. Sempre meno in grado di tenere in mano le redini di quella mandria impazzita dei cardinali, sempre più persona sbagliata nel posto sbagliato, poco elastico nelle decisioni e nel soppesare pro e contro di determinate valutazioni, è stato sbattuto direttamente in faccia al mondo quando il giorno prima e anche tutti quelli precedenti era a capo chino sui libri di teologia. Un teologo, uno studioso, un uomo solitario. E il suo probabile impaccio nella menage quotidiano di un terreno minato com'è la Chiesa, ha scatenato i cardinali e i loro vicini, che hanno iniziato ad andare per contro proprio, portandoci dove siamo adesso.


Ma anche se Joseph R., si facesse da parte o da qui a 100 anni dovesse morire ? Il restante 99% della chiesa sarebbe sempre li.
Uno degli aspetti che più contribuisce alla perdità di popolarità del regno di sua santità, è senza dubbio il progressivo allontamento dalla pura tradizione cristiana, dalla lezione di cristo a favore di una contaminazione sempre più profonda ed irreversibile nelle questioni di politica ed attualità spicciola, nei risvolti di quel famoso potere temporale che da sempre incombe sul papato.

Prendiamo una questione temporale, come quella dello Ior.

Si intuisce un accanimento tipico di una Chiesa che tende a divorare i suoi figli, specie se non ecclesiastici; e l’eco del conflitto fra il banchiere e il segretario di Stato Vaticano, Tarcisio Bertone. Il torto
principale di Gotti Tedeschi sembra quello di essersi opposto ad alcune controverse operazioni finanziarie dello Ior.

La Chiesa è in profonda crisi di identità, marcia dal suo interno. Il tentativo di velare questa realtà calando la scure su responsabili  estranei al suo ambiente al di là di eventuali colpe o errori è quantomeno segno di autoritarismo confuso: soprattutto se il Vaticano pensa di cavarsela senza dare segnali meno «decisionisti» e più convincenti. 



Chiudo questa riflessione con un pensiero di Giovanni Reale, 81 anni grande filosofo accademico (insegna all'università San Raffaele di Milano) :

<<E' il momento di guardare oltre, al di là dei fatti che accadono. Il vero cristiano vive in questo mondo ma non secondo la logica di questo mondo. L’errore più grave che possa commettere è cercare di introdurre il regno di Dio in questo mondo ma seguendo la logica di questo mondo»

mercoledì 30 maggio 2012

al cinema - Dark Shadows (black comedy, horror, dramma di Tim Burton)







TRAMA

Nell'anno 1752, Joshua e Naomi Collins, insieme al loro giovane figlio Barnabas, salpano da Liverpool, Inghilterra, per cominciare una nuova vita in America. Ma anche un oceano non basta per sfuggire alla misteriosa maledizione che affligge la famiglia. Due decenni passano e Barnabas ha il mondo ai suoi piedi, o almeno la città di Collinsport, Maine. Barnabas, signore di Collinwood Manor, è ricco, potente e un esperto playboy, finché non commette il terribile errore di spezzare il cuore di Angelique Brouchard (Eva Green). Una strega in tutti i sensi, Angelique lo condanna a un destino peggiore della morte, trasformandolo in vampiro e seppellendolo vivo. Due secoli più tardi, Barnabas viene liberato involontariamente dalla sua tomba ed emerge nel diversissimo mondo del 1972. Tornato a Collinwood Manor, scopre che la sua un tempo grande proprietà è caduta in rovina. Ciò che rimane della famiglia Collins se la passa poco meglio, e ciascuno nasconde oscuri segreti.


VALUTAZIONE :  5 / 10

Tim Burton non riesce neanche questa volta a liberarsi dalla prigionìa in cui è caduto per mano dell'estetica.
"Dark Shadows" lancia numerosi input, schegge di indicazioni tematiche, ma non approfondisce ne seduce in nessuna di queste, benchè la messinscena risulti comunque efficace.
Ed è probabilmente l'atmosfera che appare un pò imbolsita e non troppo sbilanciata ne in direzione dell'ironia (come in Big Fish) ne tantomeno in quella della suspence (il Mistero di sleepy Holow, che comunque flirtava anche con un senso dello humour nero), a pesare più di tutto sul risultato finale.

Come del resto Alice in Wonderland, che era popolato da mille personaggi e colori ma senza uno che spiccasse sopra gli altri e restare indelebile, o Sweeney Todd che soffriva di una sceneggiatura che girava su se stessa, anche il nuovo film, ha sì il pregio di scivolare via amabilmente senza grosse spese in termini di ricerche formali fine a se stesse (ma un paio di scene musicali sono già troppe), ma prova la mescolanza di generi senza convincere in nessuno di quelli proposti : l'ironica interazione tra la famiglia e il vampiro è interessante ma solo abbozzata, l'unico personaggio approfondito nel clan è quello della psichiatra mentre gli altri riservano tutto per il concitato (e iper prevedibile) finale, le apparizioni (effetti da serie b) e i personaggi negativi non incutono il minimo terrore (lo stesso vampiro ammazza troppo poco e in modo censurato), il prologo meritava un trattamento ben più dignitoso oppure poteva essere eliminato in favore di flashback che magari avrebbero sottratto un pò di didascalismo. Per non parlare, sempre in termini di didascalismi, della voce fuori campo : un aiuto alla comprensione davvero inutile.

Al tirar delle somme "Dark Shadows" è senza dubbio troppo breve, giocato con toni realizzativi a sprazzi banalmente esemplificativi e con un cast che vive di rendimenti alterni (fin troppo bene Johnny Depp e la Pfeiffer, totalmente fuori parte Eva Green e Cloe Moretz). La sensazione è quella di una sceneggiatura che abbia voluto attingere a tanti e diversi spunti della serie tv per dare un quadro d'insieme il più fedele possibile, ma tolta la suggestiva ambientazione, qualche buono spunto attoriale solitario e delle "gag" ben fatte, resta in mano decisamente solo tanto fumo.

martedì 29 maggio 2012

Autogol





Non mi nascondo dietro la cruna di un ago dicendo che del calcio non mi interessa nulla. E finora non mi sono nemmeno permesso di usare delle parole particolarmente negative sull'operato strettamente tecnico del
governo e di Mario Monti.
Però la verità è che l'ipocrisia di un uomo che nonostante gli enormi esborsi in termini di tassazione richiesti agli italiani non ha fatto corrispondere dall'altra parte una seria svolta nella gestione della cosa pubblica e degli infimi giochini che dominano la stanza dei bottoni, sta diventando insostenibile.
Un uomo che è letteralmente schiavo da un lato della classe politica (da cui dipende il via libera delle sue discutibili iniziative in campo soprattutto economico) e dall'altro del sistema bancario (vero fautore di tutte le grandi decisioni europee e italiane), non può permettersi il lusso di mettere lingua nel calcio, che ha degli organi ed un sistema indipendenti, capaci di giudicare ed agire con la dovuta efficacia.

Dico che non può permettersi di parlare perchè in questo modo finirebbe per assumere posizioni di carattere politico (cosa che non dovrebbe accadere vista la natura tecnica del suo mandato), perchè il calcio non è un ambiente più sporco di quanto non lo possa essere il parlamento dove quasi tutti hanno o hanno avuto processi a carico e per i quali non è mai prevista una interruzione anticipata del mandato e soprattutto perchè non può strumentalizzare uno sport all'indomani di un evento catastrofico come il terremoto, lasciando intendere che la catena del mea culpa e della solidarietà deve partire dai campi di calcio e non da quelli del potere.

Lui si scusa, dicendo che la sua esternazione ("il calcio dovrebbe fermarsi per 2-3 anni") era una esternazione da "tifoso".  Bene, allora perché fa finta di non ascoltare le esternazioni da "disperati" attaccate in coda ai numerosi suicidi che affliggono la classe medio-piccola imprenditoriale ?

Il calcio come tanti altri mondi è afflitto dalla corruzione, dall'arroganza e dalla brama di potere. Ma attenzione, nel calcio il tifoso è libero di scegliere. Se sceglie di essere schifato da questo sport può smettere anche domani di andare allo stadio, di avere un abbonamento alla pay tv o di acquistare la maglia della sua squadra del cuore. E nel calcio, la grossa parte dei soldi non è certo estirpata dai contribuenti senza possibilità di rifiuto.

domenica 27 maggio 2012

al cinema - The Avengers (azione, fantasy, di J. Whedon)



TRAMA :

I supereroi più famosi si riuniscono in una squadra di personaggi Marvel leggendari come Iron Man, l'incredibile Hulk, Thor, Captain America, Occhio di Falco e Vedova Nera. Quando la comparsa di un nemico inatteso minaccia la tranquillità e la sicurezza del mondo, Nick Fury, direttore dell'agenzia internazionale per il mantenimento della pace conosciuta come S.H.I.E.L.D., si trova ad aver bisogno di una squadra che salvi il pianeta dall'orlo del disastro. Inizia così, da un capo all'altro della terra, un audace lavoro di reclutamento. Dopo aver riunito la squadra, Nick Fury e il suo fidato assistente, l'Agente Coulson, dovranno convincere i supereroi a convivere e lavorare insieme, utilizzando i loro incredibili poteri contro il pericoloso Loki che è riuscito ad accedere al Tesseract e ai suoi poteri illimitati.



VALUTAZIONE : 4.5

Il film che in questi giorni sta polverizzando in USA i record di incassi di Avatar, ci impiega un'ora e mezza per incutermi un pò d'interesse.
Cioè in sostanza da quando il regista rompe gli indugi, abbandona le basi aeree e si lancia negli spazi aperti sfidando qualsiasi tipo di legge fisica, naturale e anche l'intelligenza dello spettatore per far interagire senz'alcun tipo di di freno tutti i supereroi schierati in campo.

Perchè, insomma, quello che si vede fino alla battaglia in campo aperto di Manhattan è ben poca cosa, anzi nulla (non che la battaglia in se sia qualcosa di innovativo, ma almeno alza l'adrenalina sfruttando a dovere
gli effetti visivi). Il solito saggio di verbosità caro ai recenti film di fantascienza dove si crede di poter sembrare colti e ricercati solo perchè si fa uso e abuso di irripetibili termini tecnico-scientifici, facendo sfoggio di computer e armi ultra moderne e dove le persone che intervengono nell'azione sono sempre i buoni contro i cattivi con relative mescolanze e corruzioni delle parti.

Il tema dell'invasione/schiavitù della Terra e dei terrestri, pare non stancare ne gli sceneggiatori ne gli spettatori, tanto più se a coprire le falle di uno script che è poco più di un taglio e cucito di altre centinaia di prodotti simili, ci pensano delle presenze massicce e carismatiche come Hulk o Capitan America. Il film non è assolutamente costruito per rendere approfondita o credibile la cooperazione e la contemporanea presenza altresì inspiegabile di questi personaggi, piuttosto si cerca solo il pretesto per tirare a lucido i loro poteri,
tentando di render loro il compito un pelo difficile con un cattivo di turno dotato di un esercito di tutto rispetto.

Quello che manca totalmente o comunque viene fuori troppo a sprazzi è l'ironia che per forza di cose poteva essere l'unico collante tra figure incollocabili all'interno dello stesso contesto : un paio di risatine le fa scappare l'irruenza di Hulk, mentre la cialtroneria di Iron Man non sorprende più di tanto. Per il resto si tenta di restare sul serio ma, complice anche il cattivissimo fratello di Thor che ci fa sbadigliare ogni volta che apre bocca o appare sullo schermo, il bersaglio non viene mai sfiorato, anche a causa di dettagli e/o sviluppi sottili di trama che sono assenti o gestiti malissimo.

Insomma un film che fa rimbombare il sistema surround del cinema e fa scintillare gli occhi, ma dopo un minuto dai titoli di coda non ricorderete nemmeno più il nome del "cattivissimo fratello di Thor"...

giovedì 24 maggio 2012

Presenze funebri








Fateci caso. Con un piccolo esercizio di mente locale non bisogna fare molta fatica per mettere a fuoco che
le uniche occasioni in cui la gente comune ha l'onore (tra virgolette) di avere al proprio cospetto i più grandi nomi politici del paese, sono le Elezioni (con relativi comizi in tour) e i Funerali.
Cioè nel primo caso (le elezioni) loro vengono da Noi ad elemosinare un voto, nella seconda occasione ci deve essere una tragedia per far si che uno di questi ometti ci degni della loro presenza.
Perché al di la di queste due occasioni (a mio parere entrambe di convenienza), non si fanno mai vedere?
O meglio, perchè nel loro menage quotidiano manca una voce come "visita di cortesia" ? Perchè non visitano una zona o un paese, per il solo gusto di mischiarsi con la gente comune in via ufficiale, senza approfittare delle vacanze (con relativi sconti) ? Credo che siano anche le piccole cose come queste, alla base del rigetto nei confronti della politica che è sempre più in fondo ai pensieri dell'italiano medio.

giovedì 17 maggio 2012

al cinema - "Chronicle" (sci-fi di J. Trank)




TRAMA :

Andrew, Matt e Steve sono adolescenti comuni, con cui tutti possono identificarsi; ognuno di loro ha una personalità ben distinta con cui affronta le normali difficoltà legate alla scuola, alle nuove amicizie, in una fase della vita in costante evoluzione. Sono imperfetti, goffi e un po' avventati. Sono come noi, e come molti di noi, sono ossessionati all'idea di raccontare la loro vita, sia gli eventi più ordinari, sia - come nel loro caso - quelli più straordinari. Perché Andrew, Matt e Steve s'imbattono in qualcosa che trascende la loro comprensione e quella di chiunque altro. I tre ragazzi, infatti, improvvisamente sviluppano incredibili capacità telecinetiche: per dirla nel linguaggio dei fumetti, sono dotati di superpoteri! I ragazzi diventano praticamente capaci di qualsiasi cosa. Possono muovere gli oggetti con la forza del pensiero e scaraventare in aria automobili solo con la volontà. Imparano persino a volare realizzando così il loro sogno più grande. Ad un certo punto però la faccenda si complica.





VALUTAZIONE : 7 / 10

Una discreta sorpresa questo "Chronicle" che se nulla aggiunge al filone dei finti "filmati ritrovati", ha il merito di prendere una direzione molto precisa e priva di compromessi, che senza dubbio lo eleva ben al di sopra di tanti altri teen movie tradizionali (magari a sfondo horror) e che se non è credibile come il caro vecchio e indimenticato "Blair Witch Project" (pelle d'oca solo a nominarlo), almeno non diventa stucchevole come "Cloverfield".Prendendo il via dalla solita vita da liceo (fighi vs sfigati) ma certamente con un pizzico di spontaneità in più rispetto ad un prodotto con lo stesso target come Twilight, il film  si addentra con discrezione e timidezza (poi con inesorabile crudeltà) nel bel mezzo di una tempesta incontrollabile, dove il soprannaturale non ha nome o spiegazione : semplicemente accade (anche se il debito con delle serie tv di riferimento è palese)

Ed è forse qui il merito del film, che ben si sposa con la tecnica registica, cioè quello di non cercare risposte ma solo di offrire la verità e lasciare che lo spettatore decida chi condannare e lasciar vivere. Ed il risultato è quello di un "Hancock" meno ironico, dove la tragedia dei protagonisti è palpabile, il delirio inevitabile e
soprattutto dei superpoteri che non spettacolarizzano se non in relazione alla loro naturale evoluzione. Un sci-fi con vena horror che trova un equilibrio ottimale nell'evitare scorciatoie morali o risoluzioni consensuali.

Un pò immaturo nei dialoghi ed incoerente con la ricostruzione che vediamo su schermo, il film ci consegna degli ottimi personaggi ed un grandissimo protagonista, quell'Andrew-Carrie simbolo di un delirio di onnipotenza che alla fine ci si sente di perdonare : molte persone ne sono sopraffatte pur senza un briciolo di potere soprannaturale.