lunedì 6 febbraio 2012

Oscar 2012 - The Artist (drammatico, muto di M.Hazanavicius)




TRAMA : Il film si svolge a Hollywood nel 1927. Georges Valentin è un divo del cinema muto. La vita sembra sorridergli finché l'avvento dei film sonori lo condannerà all'oblio. Peppy Miller, giovane comparsa, sta invece per esssere lanciata nel firmamento delle star. Il film racconta i loro destini incrociati.

VALUTAZIONE : 7,5

E' innegabile che lo spettatore volenteroso di approcciarsi a "The Artist" con senso critico, ovvero di valutarlo e farsi la propria idea riguardo all'enorme riscontro mediatico guadagnato dal film e magari di affiancarlo a quanto visto nella sua esperienza cinefila per trarre le sue conclusioni, resterà senz'altro confuso, stupito e distratto dalla forma entro la quale "The Artist" è confezionato.
Ci sarebbe un velo di ipocrisia e supponenza nell'affermare il contrario. Soprattutto chi l'ha visto una volta sola (come me,che per principio non rivedo mai i film una seconda volta se non casualmente) potrebbe fare un pò fatica a discernere l'aspetto fotografico e suggestivo del suo bianco e nero senza voce da quella che è poi l'elemento determinante nel successo di ogni film, ovvero la storia.

"The artist" è un buon film, un film senza dubbio ammiccante come le smorfie dei suoi protagonisti (la stranezza del film li rende quasi delle marionette) e che sfrutta appieno i limiti del muto rendendoli dei punti di forza e delle novità frastornanti per un pubblico che ovviamente è abituato ad altro (è molto strano sentire che in sala ognuno parla dei fatti propri senza compromettere agli altri la possibilità di seguire il film).

Ma a renderlo oltre che una riuscita operazione di marketing e riscoperta degli albori della settima arte altresì un prodotto artisticamente valido, è la semplicità e anche la prevedibilità della trama, unita all'applicazione accademica degli attori che non sembrano per nulla dei nostri contemporanei tanta è l'abnegazione alla causa.

Cioè "The Artist" sarebbe stata ben poca cosa se si fosse usata la regia da film muto con una sceneggiatura da parlato magari densa di controsensi o accesi dibattiti, perchè oltre ad essere un controsenso ciò si sarebbe tradotto in snodi narrativi da cui sarebbe stato arduo districarsi vista la mancanza di suono nelle parole dei protagonisti (nonostante le pittoresche didascalie).
E invece anche a costo di non sembrare poi troppo sorprendente (i risvolti decisivi della trama si anticipano senza difficoltà) il regista sceglie la strada della semplicità con dei rodati meccanismi di crescita, caduta e redenzione che non hanno mai fatto male a nessuno. E si esce dal cinema con la sensazione sempre più rara di aver assistito ad uno spettacolo di messinscena vero e proprio.

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