martedì 21 febbraio 2012

Oscar 2012 - Paradiso Amaro (Dramma, di A.Payne)


TRAMA : Paradiso amaro vede protagonista Matt King, un marito e padre da sempre indifferente e distante dalla famiglia. Ma quando la moglie rimane vittima di un incidente in barca nel mare di Waikiki è costretto a riavvicinarsi alle due figlie: e quindi a riconsiderare il suo passato e valutare un nuovo futuro. Mentre i loro rapporti si ricompatteranno, Matt è anche alle prese con la difficile decisione legata alla vendita di un terreno di famiglia, richiesto dalle elite delle Hawaii ma anche da un gruppo di missionari.

VALUTAZIONE : 5

Parto dal presupposto che non ritengo Alexander Payne così imprescindibile nel cinema moderno. Anzi se proprio devo dirla tutta, il maggior talento lo esprime nelle sceneggiature anzichè nella direzione d'attori e che comunque al netto dell'enorme Jack Nicholson di "A proposito di Schmidt" i suoi film non hanno poi tanta materia al di là di un compiaciuta sofisticazione che talvolta ha del filosofico (posticcio).
Non c'è mai stata, insomma, quella scintilla che abbia fatto pensare di assistere ad uno spettacolo cinematografico partorito da una mente creativa superiore seppur non esente da difetti (come accade, primo esempio che mi viene in mente, nei film di Wes Anderson tutt'altro che perfetti ma frizzanti e sempre ricchi di trovate originali) piuttosto che ad una furba messinscena messa a punto nel dettaglio per colpire determinate sfere emotive.

E di certo non aiuta a liberarmi dai preconcetti il fatto di dover rilevare che il regista ha scelto di ricorrere ad uno degli espedienti più odiosi e insulsi che si possano usare nel cinema : la voce narrante, fuori campo.
Mezzo meschino adoperato ad intervalli irregolari e a libero uso e consumo del regista, senza alcuna logica o funzionalità che modifichino o rendino migliori il dipanarsi degli eventi.
Ma passiamoci sopra, dopotutto non è così presente e dopo un pò ce ne potremmo anche dimenticare.
Il problema grosso invece è che il cavallo di troia usato da Payne per scardinare la sensibilità degli spettatori e ammiccare ai critici, ovvero George Clooney, si rivela il vero punto debole del film. Continuamente indeciso sul tono, attegiamento e mimica da adottare che sono equamente divisi tra dramma, commedia ed esistenzialismo, il buon George ci mette del suo per rendere credibile una storia che vive di singoli episodi ed ampie fotografie da cartolina, dove il percorso interiore dei protagonisti segue i binari più prevedibili che si possano scegliere e vede gli stessi alle prese con una maturazione personale problematica solo in superficie e che si risolve senza grossi traumi prima della fine dei titoli di coda.

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