lunedì 2 gennaio 2012

Best Of Cinema 2011 - Parte IV -

Dopo le tre coppie, è il momento delle tre terzine per il meglio del 2011 cinematografico


Prima Terzina

* Super 8 * (Avventura, sci-fi regia di J.J. Abrams)

La formidabile gang di amici che sfiderà persino l'esercito USA.

Qui siamo dalle parti della Hollywood avventuriera per eccellenza, con la storia di un gruppo di ragazzini in età da scuole medie e amici per la pelle che si ritrovano alle prese con qualcosa di molto più grande di loro e di terribilmente spaventoso. Ma l'incoscienza, la sensibilità di chi è puro d'animo ed il legame che li tiene assieme sono elementi in grado di far loro superare anche l'insuperabile.
Appassionati di cinema tanto da voler girare un film horror tutto loro, presto dovranno mettere da parte le passioni e i sogni (partecipare ad un concorso) per affrontare una minaccia aliena capace quasi di radere al suolo il loro - fino a quel momento - sonnolento paese, mettendo a rischio le persone a loro più care.
Girato con la lente d'ingrandimento ovviamente puntata sul gruppetto di giovanotti, il film nonostante una certa lineare prevedibilità nei passaggi chiave (è pur sempre una produzione di alto livello) e il target familiare cui si rivolge non risulta banalmente risolutore a margine di immagini esteticamente ineccepibili, ma è profondo, catastrofico e misterioso al punto giusto, non disdegnando messaggi contro le droghe, l'abuso di potere e a favore della biodiversità.
In fondo anche E.T. o Incontri Ravvicinati del Terzo tipo (a cui Super 8 deve evidenti debiti d'ispirazione) pur essendo opere d'arte sopraffine lanciavano importanti messaggi di umanità.


* The tree of Life * (Dramma esistenzialista, regia di Terrence Mallick)

Ci vogliono buona volontà, pazienza e mente possibilmente sgombra da pensieri importanti per poter partecipare con degna presenza di spirito al saggio filosofico messo in scena dal regista-entità texano.
Ma ne vale la pena.
Erroneamente paragonato a "2001 Odissea Nello Spazio" (c'è sì una riflessione sulla nostra esistenza come granello di polvere all'interno dell'universo/immenso più per immagini che parole, ma a differenza del film di Kubrick questa parabola non va di pari passo con l'evoluzione/involuzione tecnologica, anticipatrice dei tempi bui del pensiero umano, ma propone un percorso squisitamente biologico che va dalla notte dei tempi fino alla fine dei nostri giorni), "The Tree Of Life" è un viaggio talvolta psichedelico talvolta etereo all'interno dell'anima, del corpo e dello spazio.

Un Brad Pitt molto convincente
A fare da cornice ad alcune fra le più belle immagini viste negli ultimi anni (si va da visioni degne di un microscopio a trionfi di immensità universale, passando per i paesaggi incontaminati visibili milioni di anni prima dell'arrivo dell'uomo) c'è la storia di una famiglia nell'America degli anni 60-70 che offre uno spaccato di vita conflittuale dove la disciplina del padre-padrone Brad Pitt catalizza l'odio dei figli e della moglie. Una sorta di microcosmo con equilibri precari e risvolti imprevedibili che fa da contralatare alle dinamiche altrettanto complesse e catastrofiche del cosmo al di fuori del nostro pianeta.
E' tutto quello che riesco a dire della trama, perchè in fondo una trama non c'è. E' un film dall'impulso artistico urgente, ai più senza dubbio risulterà noioso, sconcertante ed inutile, ma gli appunti idealmente annotati da Mallick su di una tela favolosamente dipinta scavano nel profondo con spietata e ineluttabile efficacia.



* This Must Be The Place * (Road movie, commedia agrodolce, regia di Paolo Sorrentino)

Molto, molto imperfetta, boriosa e narcisista quest'ultima fatica del più talentuoso fra i registi italiani.
Eppure. Eppure la scintilla dell'interesse, del coinvolgimento e dell'affezione alle sorti di uno tra i più assurdi personaggi visti ultimamente al cinema, scocca senza tremare e prende vigore con il passare dei minuti.
Sean Penn si cuce addosso dolori, paranoie e passività di una ex rockstar dall'aspetto gotico che passa le sue giornate bighellonando in città senza l'apparente slancio emotivo per nulla che lo circondi, incurante degli sguardi obliqui e diffidenti della gente nonchè degli stimoli offerti da chi gli vuole bene.
Così la morte del padre, diventa un pretesto per recuperare la sua vita.
E le sue giornate da maledettamente uguali e messe in fila senza soluzione di continuità, si trasformano in un pellegrinaggio attraverso gli States alla ricerca del fantasma (?) che da sempre perseguitava gli incubi di suo padre.
Cheyenne imbraccia la chitarra per eseguire la canzone che da il titolo al film
Sorrentino non riesce a replicare negli spazi aperti e nella freneticità, il piglio elettrico ed elegante delle sue opere precedenti che per la maggior parte erano grandi drammi/commedie da camera, ma segue il personaggio con la solita eleganza ed ironia mostrando un'apprezzabile perseveranza.

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